8/02/2008

"La montagna chiama"

"Sono nato il 27.08.1970 e vivo con la mia famiglia a Selva di Val Gardena ( Dolomiti- Alto Adige ). Da ragazzo le mie attività sportive erano il calcio e lo sci. Dopo la scuola media svolsi la professione di meccanico d´auto e a 15 anni la voglia di avventura mi fece provare le prime arrampicate in montagna. Al servizio militare, nei paracadutisti alpini, il mio ruolo fu quello di istruttore militare di alpinismo.
Nel 1997 dopo diversi anni di attività alpinistica sono riuscito a concludere gli esami da guida alpina e da allora la mia passione divenne una realtà professionale." (Karl Unterkircher).


Ultimo comunicato - Campo base, 13.07.2008

È il 13. Luglio. Sono straiato nella mia tenda e provo a continuare a leggere. Ma non riesco a concentrarmi, la mia mente è fissata su quella parete. La parete Rakhiot, su quel stramaledetto seracco in mezzo alla parete. In quella fascia di ghiaccio, che ci ostruisce la via di salita.
Un mese fa quando arrivammo al campo base, questa parete mi fece paura. Le foto invece, danno l’impressione che faccia parte del mondo delle fiabe. La parete vista da “Fairy Meadows” si erge con tutta la sua maestosità per 3 chilometri verso il cielo.
Ben 9 chilometri di placconata separano la vetta del Ganalo Peak ad ovest dalla vetta di Rakhiot ad est. Però sono le scariche di ghiaccio che mi procurano paura.

Sono appesi dappertutto su questa montagna, sicuramente già da secoli fanno tremare tutta la valle ed inducono la gente del paese ad avere rispetto e sacralità. Dal basso mi è parsa una montagna ostica, tanto da lasciarmi perplesso e scettico per tutto il periodo che siamo qui.E` una missione pericolosa! Probabilmente affronteremo la montagna come degli assaltatori di prima fila in guerra. Ma invece delle armi avremmo le piccozze e i ramponi. Dovremmo prestare tanta attenzione, scegliendo la linea con il minor pericolo. Quella che abbiamo individuato corrisponde più o meno alla linea già scelta a casa. Ormai da una settimana teniamo d’occhio tutti i giorni la seraccata per registrare ogni minimo cambiamento. Quella fascia di seracchi, che per noi è l’enigma della salita, quella che potrebbe compromettere il successo. Sin dal ns. ritorno dal Chongra abbiamo ripreso le ns. forze abbastanza velocemente, la voglia cresce, siamo fiduciosi e gasati. Quattro giorni fa abbiamo portato un carico della nostra attrezzatura sulla morena glaciale sotto la parete. Sono 500 metri di dislivello dal campo base che ci farà risparmiare un po’ di energie il 1° giorno di salita. Nonostante l’evidente pericolo anche Walter e Simon sono motivati e convinti di salire. Nella mia mente però, il fattore della responsabilità, mi procura ansia, pensando frequentemente a casa, ai miei cari. La cosa migliore onde evitare veramente sgradevoli imprevisti, sarebbe rinunciare al progetto.Qualche giorno prima di partire per questa spedizione, uscendo da un bar, sono inciampato in un vaso di fiori che faceva da bordo sulla strada statale. Mi sono rovesciato, avevo ai piedi solo i sandali e così ho sbattuto il ginocchio sull’asfalto, procurandomi un dolore allucinante. Mi sono rialzato ed ho continuato a camminare, zoppicavo dal dolore, però sentivo che il ginocchio era rimasto illeso. Probabilmente se passava una macchina in quell’istante, mi avrebbe sicuramente investito. Il barista, un mio caro amico, uscì di corsa chiedendomi se mi fossi fatto male, non avevo più fiato per parlare. Probabilmente avrà pensato: “vuole andare a fare i 8000 metri e non sta neanche in piedi a 1500 metri”. Il destino ha voluto che mi succedesse niente ed è per questo che sono adesso qui, qui sotto la parete Rakhiot. Fin’ora tutto è andato come da programma, mica ci tireremo indietro adesso? Domani al mattino saliamo alla morena, lo zaino sarà abbastanza pesantello, in più abbiamo gli sci da portare. Aspetteremo fino a quando sarà buio, perché di giorno fa troppo caldo. Se non è nuvolo, la luna sarà dalla nostra parte. Il seracco intermedio deve fare il “bravo” da 8 a 10 ore, non chiediamo poi tanto?! Sfrutteremo una costola nevosa fino sotto la fascia di rocce. Essa non dovrebbe creare problemi. Se poi nella giornata di martedì riusciamo a saltare sopra al “nostro” seracco intermedio allora saremo a cavallo del pilastro! Dopodiché toccherà a noi! A resistere alla fatica e a superare la parete con maestria. Una volta che avremo raggiunto il pianoro sommatale, punteremo la vetta. Abbiamo viveri e gas per sciogliere neve per almeno 5 giorni.…speriamo in bene! La discesa è prevista per la via di Hermann Buhl del ’53. Il nostro staff al campo base ci consiglia invece di scendere dalla via “normale”, per la parete Diamir. Chissà: “forse” gli ho detto, tutto dipenderà da tanti fattori. Inshallah!! ( Come Dio vorrà )
Un saluto affettuoso da Karl Unterkircher, Walter Nones e Simon Kehrer

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