3/17/2010

Kathamandu

Vi invitiamo idealmente ad essere presenti con noi il 30 marzo a Kathamandu in Nepal, quando apriremo il centro della Perigeo Onlus, dedicato a Giuseppe Tucci.

Il nostro obiettivo è quello di sviluppare i rapporti culturali e di cooperazione internazionale tra Italia e Nepal seguendo le orme del grande orientalista maceratese e dei suoi allievi.

Partiremo il 21 per il Nepal e vi terremo informati.

Il centro sarà la sede della nostra Associazione in Nepal e farà parte del progetto "Musei senza frontiere" della Perigeo onlus.

Gianluca Frinchillucci, Maurizio Serafini e Chandra Gurung.

per informazioni:
www.perigeo.org
info@perigeo.org

Frasi di Giuseppe Tucci

Tra il concreto e l'astratto

-In oriente si fa tutto con calma, con quell'equilibrio di cui si è perduto in occidente persino il ricordo; noi corriamo e ci manca il fiato, essi hanno il tempo per dimenticare il tempo, è il segreto per vivere ancora con se stessi, la meravigliosa facoltà che permette di restare in bilico tra noi e gli altri, tra il concreto e l'astratto.

-il Tibet è stato per molti anni il più grande amore della mia vita e lo è tutt'ora, tanto più caldo quanto più sembra difficile soddisfarlo con un nuovo incontro.

- in otto anni ne ho percorso gran parte in lungo e in largo: ho vissuto nei villaggi e nei monasteri, mi sono genuflesso dinanzi a maestri e immagini sacre, ho valicato insieme a carovanieri monti e traversato deserti vasti come il mare. Ho discusso di religione e filosofia con monaci sapienti.

- Il vuoto non è il nulla, ma l'indiscriminabile fondo dell'essere, che sempre è al di là e al di sopra di tutte le infinite e mutevoli forme e apparenze.

- Anche nel letto del torrente i rischi non sono terminati: i cavalli debbono scendere scalini ciclopici, alti due o tre metri, i carovanieri riempono buche, livellano sporgenze e aprono passaggi.

- I tibetani non sanno che cosa sia questa nostra ansia di ricerca, questo desiderio di tutto conoscere e sperimentare, questa volontà di spezzare, quasi, le barriere del tempo e dello spazio, di rievocare l'antico, di rivelare l'ignoto, che rendono così piena di significato e anche così tormentoso la vita di noi occidentali.

- ci inoltriamo per un sentiero che si inerpica tortuoso su per una rupe precipite, che sbocca in un breve pianoro tagliato da una forra larga 150mt e profonda almeno 200m, ho l'impressione che tutta la carovana debba precipitare da un momento all'altro.

- il tibetano è un' po’ come l'indiano: viaggia molto, a piedi si intende; ora ospitato con quell'affabilità cordiale che è propria degli orientali, ora dormendo nelle immense solitudini che fanno quasi paura. Il motivo di questo vagabondare non è il desiderio di nuove esperienze, forse molti dei luoghi che il pellegrino attraversa, non nota e non vede; nella sua stanchezza, nella sua fame, nelle sue preghiere egli viaggia per conquistarsi un merito religioso, per visitare i sacri luoghi della fede, per avvicinarsi a Dio. Il pellegrinaggio è già un distacco dalla vita, quel distacco che le religioni orientali postulano quasi tutte, come condizione necessaria per il possesso di Dio.

- Io invidio i lunghi riposi dei mercanti, che fumano la pipa coccolati sul limitare del proprio negozio e impenetrabili della vita che fluisce dinanzi a loro, quasi sospesi in un'impassibilità, che non sai se è pensiero o vuoto, ma è in ogni modo un'evasione.

- Tesi a guardare fuori ora non abbiamo più notizie di quello che avviene dentro di noi, di quel mondo che ci ricollega in un'inconsapevole presente, con l'esperienze più remote dell'uomo, un'ondosa agitazione di paure e speranze, di aspettazioni e di ammonimenti.

- Io per natura ho sempre più creduto alle cose che non vedo, che a quelle di cui la scienza mi vuole far certo. Togli all'uomo l'imprevisto e il mistero, e il vivere si riduce ad un noioso transito di cibo.



-Più ancora che in altri paesi dell'oriente, nel Tibet, non si pensa a correggere, a modificare la natura, piuttosto ad essa ci si adotta e la si subisce, l'ostacolo non è mai avvertito nel mondo esterno, ma in quello interiore, quella titanica lotta contro natura e le sue leggi in cui noi occidentali siamo ingaggiati, è ignota ai tibetani.

- Non basta la conoscenza della lingua e dei dialetti, bisogna saper conquistare la fiducia in questa gente, dare ad essa l'impressione che c'è un'affinità spirituale tra il visitatore e loro, abbandonare alle frontiere della loro terra quella (gloria o boria) europea di cui è tanto difficile spogliarsi. Io mi presento sempre in veste di discepolo.

- Sentiamo subito simpatia l'un per l'altro, scaturente forse, da inconsce analogie di sentire e di pensare. Egli accorgendosene per primo mi offre la sua amicizia, quella che deriva, appunto da comunanza di sentire e sintonia di due spiriti, che implica molte più cose che non la comune amicizia tra persone.

- La conoscenza è una sintonia misteriosa, in virtù della quale tu diventi quella stessa persona, ti confondi con lei.

- L'occidente comincia ad infiltrarsi, con i suoi ordigni e allora cominceranno anche per il Tibet le gioie della politica, si inaspriranno in contese che in nome della libertà renderanno i tibetani sempre più schiavi.

- Da ogni parte solo la prepotenza delle rocce immani, la vastità che non ha confini, la maestà della natura che schiaccia; l'uomo non può, è un piccolo essere che passa e scompare senza lasciare traccia.

- La libertà è propria dell'uomo solo, o dell'uomo vicino a Dio, tutto il resto è chiacchiera, illusione, inganno.

-Ho sempre immaginato che l'uomo molti tormenti a se e agli altri risparmierebbe, se invece di pensare al bene altrui contemplasse, invece di lottare guardasse ozioso l'ondeggiare di un campo di primavera o contasse le stelle che fioccano nel cielo d'estate.

- Mi piace non fare programmi, lasciarmi trascinare come un fanciullo, ma poi saltare alla reazione come un gatto che esce dal nascondiglio, come un gioco dell'intelligenza e della volontà, tra l'ostacolo dell'inerzia e le risorse dell'astuzia….ecco perché mi sento molto a mio agio in questi viaggi, non soltanto, voglio dire, perché la ricerca è la mia missione, ma perché essi rappresentano un'evasione dalla barbaria mascherata, conformista, in cui di giorno in giorno precipita la vita, tutta uguale malgrado l'apparente diversità in superficie, un'affondarsi nella massa e non diluirsi nel comune, senza speranza in quella libertà gioiosa ed enigmatica nella quale l'uomo si ritrova solo con la propria luce e il proprio buio.