12/24/2007

L'ultimo viaggio.....

Il Comandante Giovanni Aymone Cat ha effettuato il suo ultimo viaggio tra i ghiacci eterni.

Medaglia d'oro al valor civile, Comandante del bastimento San Giuseppe Due che per due volte ha toccato i ghiacci dell'Antartide (1970-1971 e nel 1973-1974), esploratore polare ed esempio di vita per molti di noi che lo hanno conosciuto e amato.

Io e i miei amici inchiniamo le nostre bandiere abbrunate e rendiamo l'estremo deferente omaggio al leggendario marinaio d'Italia.

Un profilo del Comandante

Riporto un bell'articolo trovato sulla rete.
Capitani coraggiosi

di Marco Nicoletti

Domenica 1° settembre, alle ore 18.30, proveniente da Torre del Greco, attraccava nel porto di Anzio, con al timone il comandante Giovanni Ajmone Cat, il bastimento San Giuseppe Due, lo stesso motoveliero che trent'anni fa raggiunse due volte il Polo Sud per portare la bandiera italiana marittima dove non era mai stata e per dimostrare, con un po' di orgoglio "che gli italiani - parole del Comandante - sono gente dotata di fantasia e capacità organizzativa tali da realizzare, con pochi mezzi, imprese che ad altri costerebbero molto di più". Questa volta il legno non era reduce da nessuna gloriosa spedizione, ma tornava per essere destinato al museo di Via Nettunense, per essere collocato a riposo nella cavea di cemento armato appositamente realizzata accanto alla villa di Ajmone Cat. Una casa ove i reperti dell'Antartide, scientificamente ordinati, convivono con suggestive memorie d'Africa, trofei di viaggi e di cacce, documenti di storia militare e familiare… forse, vien da pensare, l'archetipo del Vittoriale è sempre vivo nell'italiano che si accinge al racconto della propria storia. Giovanni Ajmone Cat ha l'avventura nel sangue. E' figlio di Mario, primo Capo di stato maggiore della risorta Aeronautica militare, e di Carla Angela Durini, che negli anni del regime fascista compì, per conto del Governo, la prima attraversata dell'Africa equatoriale, dal Mar Rosso a Lobito in Angola, su mezzi meccanizzati che erano camion forniti dalla Om; un'impresa che ebbe una certa eco e venne immortalata dall'Istituto Luce in un lungo documentario ancora oggi visibile.Anche le avventure del San Giuseppe Due e del suo Comandante riempirono, a loro tempo, le pagine della cronaca italiana, sebbene fossero anni quanto mai ostili alle espressioni di vis patriottica. Era il 1968 quando Giovanni Ajmone Cat, agronomo con la passione del mare e un'esperienza fatta da mozzo sulle barche da pesca del litorale laziale, commissionò al cantiere Palomba di Torre del Greco la costruzione di un'imbarcazione con precise caratteristiche: una feluca di sedici metri, con due vele latine. Sebbene Antonio Palomba fosse un maestro d'ascia appartenente ad una famiglia di costruttori i cui scafi navigavano da almeno un secolo i nostri mari, l'impegno si rivelava assai notevole poiché il committente, inserendo nel suo capitolato alcuni inconsueti e robustissimi rinforzi nelle strutture, aveva fatto immediatamente intendere quale sarebbe stato il primo viaggio del motoveliero: una crociera in Antartide. Gli accordi vennero comunque mantenuti e così il 27 giugno 1969 il San Giuseppe Due nuovo di zecca salpava dal porto di Anzio per un'avventura fuori del tempo, riprendendo una tradizione interrottasi verso la fine dell'800, quando Giacomo Bove, tenente di Vascello della Regia Marina italiana, condusse la Goletta San Josè in una spedizione verso le terre antartiche a Sud dell'America Latina. Ajmone Cat volse la prua verso Gibilterra, poi raggiunse l'Atlantico e gli scali a Buenos Aires, Montevideo, Mar del Plata e, ancora più a Sud, le isole Falkland/Malvinas, lo stretto di Drake e finalmente approdò tra i ghiacci dell'Antartide, ove venne piantato per la prima volta il tricolore. Quindi il ritorno. Dopo questo primo assaggio di avventura - durato comunque due anni - le terre bianche erano oramai entrate nel cuore del Comandante, cosiché nel '73 il San Giuseppe Due, interamente revisionato, riprese il mare, ma questa volta la spedizione, di carattere esclusivamente scientifico, nasceva sotto l'egida della Lega navale italiana, con contributo di mezzi della Marina militare, un equipaggio di quattro sottufficiali di Marina e assistenza scientifica dell'Istituto Superiore navale di Napoli. Il 1° luglio 1973 si riparte dunque con uomini nuovi e nuove vele, confezionate secondo la tradizione da un altro mitico artigiano di Torre del Greco, Giovanni Ascione. Dopo le consuete tappe il legno giunse, navigando tra i ghiacci, alla base di Deception e da lì, per poter svolgere gli studi geologici e i rilievi idrografici stabiliti dal programma, si spinse fino alla base americana di Palmer, a quella inglese di Argentine Island e a quella argentina di Almirante Brown. Poi, dopo mesi di struggente solitudine per l'equipaggio, trascorsi schivando l'insidia degli iceberg con eliche danneggiate e alberi spezzati, di nuovo con la prua verso casa.

Mostra I Signori della Tundra

Alcune immagini di ieri della Mostra I Signori della Tundra e della Conferenza dedicata all'infanzia a cura della Perigeo Onlus.

Pannello con alcuni disegni dei nenets. Il testo è di Luciana Vagge Saccorotti.


Alcuni pannelli della mostra
La Conferenza della Dott.ssa Laura Bacalini responsabile delle relazioni
esterne della Perigeo Onlus.
L'Amministrazione di Fermo si è dimostrata veramente sensibile all'iniziativa. Hanno partecipato il Sindaco, Saturnino Di Ruscio, l'Assessore ai Servizi Sociali Maria Antonietta Felici, l'Assessore allo Sport, Romanella e la dirigente dei Servizi Sociali
Daniela Alessandrini.

12/19/2007

Mostra fotografica "I Signori della Tundra" a Fermo


COMUNICATO STAMPA
a cura di Fabio Scatasta

Fermo, 19 dicembre 2007

A Fermo“I signori della Tundra”

Mostra fotografica sulla spedizione di Gianluca Frinchillucci nella Penisola di Jamal.
Piazza del Popolo, Sala della Colonna, Caffè Letterario.
Apertura serale, dalle ore 17.00 alle ore 19.00, sino a domenica 23 dicembre.


“Riflessioni sull’Infanzia nel Mondo”

Domenica 23 dicembre, ore 15.30, incontro dedicato al tema dell’infanzia con Gianluca Frinchillucci e l’Associazione Perigeo Onlus.

Un popolo apparentemente lontano ma così vicino all’Italia. Stiamo parlando dei Nenets, o Nency, della penisola di Jamal, tribù nomade siberiana con cui la città di Fermo è particolarmente legata. Dopo quello con gli Inuit della Groenlandia dell’Est, dai Musei Scientifici di Villa Vitali ha preso il via “Un Nenec per Amico”, progetto interculturale della “Carta dei Popoli Artici”, realizzato in collaborazione con l’associazione Perigeo Onlus e la studiosa Luciana Vagge Saccorotti della "Carta dei Popoli Artici". Tra i protagonisti dello scambio di disegni tra bambini italiani e siberiani, anche i piccoli alunni della scuola media statale “Fracassetti-Betti”. Momento ideale non poteva essere se non quello del Natale, per catapultarsi con il pensiero nei ghiacci polari della Siberia. Sono queste alcune sensazioni che si provano nell’ammirare “I Signori della Tundra”, la singolare mostra ospitata in questi giorni nella Sala della Colonna, in Piazza del Popolo. Compresa tra le iniziative del IV Anno Internazionale Polare e unica nel suo genere, l’esposizione fotografica è rivolta a far conoscere ai bambini e alla cittadinanza fermana una popolazione in via di estinzione, espressione di una cultura assai diversa e affascinante. La mostra è realizzata da Gianluca Frinchillucci, Direttore dell’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti” per il Comune di Fermo, in collaborazione con l’Assessorato ai Servizi Sociali. Il reportage documenta la spedizione etnografica condotta nel 2005 dallo studioso di popoli indigeni. Oltre alla salvaguardia di un patrimonio culturale indigeno e alla promozione dei diritti dell’infanzia, la mostra vuole condurre il visitatore alla riscoperta di un’esistenza umana ancora primordiale, segnata dalla continua sfida con le forze della natura.

“Con questo progetto – spiega l’esploratore Gianluca Frinchillucci - intendiamo promuovere l’incontro tra bambini dai valori, usi e tradizioni diversi, riducendo la diffidenza e sviluppando nei ragazzi la capacità di ascolto e confronto. La mostra – prosegue l’assessore ai Servizi Sociali del Comune di Fermo, Dott.ssa Mariantonietta Di Felice - contribuisce a creare uomini capaci di comprendere l’importanza e la bellezza insita in culture diverse dalla propria e di lottare per il diritto alla sopravvivenza delle popolazioni indigene”.

Al termine della mostra, domenica 23 dicembre alle ore 15.30, si terrà un incontro che affronterà il tema dell’infanzia in maniera semplice e partecipata.
Gianluca Frinchillucci, presenterà una proiezione di diapositive legate alla condizione dell’infanzia in alcune zone del pianeta, realizzate nel corso della sua esperienza di ricercatore e di volontario.

Il Dott. Frinchillucci, infatti, si occupa di ricerche etnografiche tra popolazioni indigene, nell’Artico (Groenlandia e Siberia), in Etiopia, nelle Ande e nell’Amazzonia peruviana, ma ha partecipato anche a missioni umanitarie, ad esempio, durante la guerra dell’ex jugoslava, come operatore di pace per il rispetto dei diritti umani tra gli U’wa della Colombia o con il GUS di Macerata in Sri Lanka pochi giorni dopo lo Tsunami.

Interverrà anche Mariateresa Danieli, giudice che si occupa di tematiche dell’infanzia.

L’Associazione Perigeo Onlus, presenterà le proprie attività e tratterà, in particolare, di un progetto dedicato alle popolazioni dell’Etiopia.
“Etiopia, Identità e Sviluppo” - questo il titolo del progetto – prevede un intervento sistematico a favore della popolazione etiope, non soltanto da un punto di vista umanitario ma soprattutto finalizzato alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio culturale delle numerose etnie presenti in quell’immenso territorio d’Africa al quale ci lega in modo particolare la nostra più recente storia. Si affronteranno inoltre tematiche inerenti l’infanzia nell’etnia Oromo della città di Kofale.

12/13/2007

Mostra dedicata ai Nency a Fermo



Fermo, sede dell'Istituto Geografico Polare "Silvio Zavatti", ospita questi giorni una mia mostra fotografica dedicata ai Nency di Yamal. Una quarantina di pannelli fotografici allestiti dai miei amici Fabrizio Antonelli, Samuele Sagripanti e da Mauro Bacalini.
Una sezione della mostra è dedicata ai disegni che hanno realizzati i Nency nell'ambito del progettp "Carta dei Popoli Artici".
La mostra poi sarà spostata in altre città italiane. Già c'è una prenotazione in Liguria.

I testi sono della mia collaboratrice Luciana Vagge, mentre le foto sono state stampata dal laboratorio CMR di Massimo Zanconi (membro spedizione Svalbard).

12/12/2007

Mostre dedicate allo sciamanesimo





La mostra "I tamburi degli sciamani" in corso al Museo Etnografico dell'Università di Zurigo, rimarrà aperta fino al 3 agosto 2008. I tamburi raccolti nell'esposizione provengono da collezioni private e musei etnografici di tutto il mondo e in particolare da quelli della Siberia e di San Pietroburgo. Il museo presenta parallelamente l'esposizione fotografica "Un'etnografia in immagini" -aperta fino al 16 marzo 2008 -, dedicata al reportage fotografico che l'etnologo Michael Oppitz dell'Università di Zurigo, considerato il più grande esperto di sciamanesimo, ha realizzato nel nord del Nepal tra 1977 e 1984.



(AGI) - Firenze, 30 nov
. - Un viaggio affascinante nel mondo mitico dei popoli del Nord, fra l'Europa e l'Asia artica, attraverso gli occhi degli esploratori del passato, sulle tracce di antiche pratiche tradizionali. Si puo' fare, da oggi, visitando la mostra "Orsi e sciamani: sciamanesimo e culto dell'Orso tra le popolazioni artiche", promossa dal Museo di Storia Naturale dell'Universita' di Firenze. La mostra sviluppa i temi dello sciamanesimo tra i popoli del nord, insieme alla pratica del culto dell'uccisione rituale dell'orso, diffusa dall'Europa all'Asia artica fino agli Ainu di Hokkaido (Giappone). Tamburi, maschere, strumenti musicali e vestiti documentano la figura degli sciamani, depositari presso molte popolazioni di saperi magici, conoscitori della natura e dei suoi spiriti. Tra questi e' considerato sacro quello dell'orso, animale venerato e rispettato, anche se preda della caccia. I reperti e documenti esposti provengono dalla sezione di Antropologia ed Etnologia del Museo - frutto delle spedizioni ottocentesche di Paolo Mantegazza e Stephen Sommier - dalla collezione donata al Museo da Fosco Maraini e da una importante collezione privata del professor Juha Pentikainen, docente di Religioni Comparate all'Universita' di Helsinki, ateneo che ha collaborato alla realizzazione della mostra, insieme a quello lappone di Rovaniemi. "Nelle nostre collezioni antropologiche abbiamo reperti unici di cui non dispongono neanche i paesi di origine - spiega il presidente del Museo di Storia Naturale Giovanni Pratesi -. E' nata percio' una collaborazione con i colleghi finlandesi, che ci hanno a loro volta fornito materiali per questa esposizione".
Alla presentazione della Mostra hanno partecipato il rettore dell'Universita' della Lapponia Mauri Yla-Kotola, Juha Pentikainen, docente di Religioni Comparate all'Universita' di Helsinki, Mieko Namiki Maraini, il Presidente del Museo Giovanni Pratesi e le conservatrici della sezione di Antropologia del Museo di Storia Naturale dell'ateneo fiorentino Maria Gloria Roselli e Monica Zavattaro. (AGI)

Convegno sullo sciamanesimo su Rai 3 Marche

Il Prof. Romano Mastromattei, Gianluca Frinchillucci, la Prof.ssa Corradi Musi e Dominique Sammson Normand de Chambourg.

La sala del Convegno.


Molte testate hanno parlato del convegno e anche la Rai3 ha mandato in onda un servizio.





12/03/2007

Comunicato Stampa




COMUNICATO STAMPA: A Fermo un convegno di studi internazionali dedicato allo sciamanesimo artico e subartico nell’ambito dell’Anno Polare Internazionale.

Fermo, 5 dicembre 2007.

Il 1° marzo 2007 è iniziato ufficialmente il quarto Anno Polare Internazionale (IPY) che si concluderà nel marzo del 2008. L’Anno Polare è un evento straordinario che coinvolge migliaia di studiosi di oltre 60 nazioni. L’Italia ha una settantina di progetti dedicati per lo più all’Antartide che attendono di essere finanziati dal Governo. Uno dei pochi artici è la “Carta dei Popoli Artici”, nato a Fermo nel 2002. Il progetto si occupa delle popolazioni che vivono nell’Artico e subartico, circa 4.000.000 di persone che stanno sperimentando sulla loro pelle la gravità e la velocità dei cambiamenti climatici.
La “Carta dei Popoli Artici” nasce in collaborazione con l’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, il Comune di Fermo ed il CNR Polarnet e interagisce con numerosi enti in tutto il pianeta.
Uno dei suoi progetti è dedicato alle ultime tracce di sciamanesimo nella Groenlandia Orientale e per questo motivo, l’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti” di Fermo, ha organizzato per sabato 8 dicembre un convegno di studi internazionali coinvolgendo sia studiosi italiani che stranieri.
Le popolazioni artiche stanno perdendo velocemente la loro identità e si stanno sempre più omologando a modelli occidentali e lo sciamanesimo, la loro più antica forma di religione, ormai è quasi del tutto scomparso. Al convegno di Fermo interverranno cinque studiosi che presenteranno le loro ricerche in Siberia, Groenlandia e Lapponia.
La Prof.ssa Carla Corradi Musi dell’Università di Bologna (Italia) parlerà del "mito" degli amuleti nella vita quotidiana delle popolazioni siberiane e ugrofinniche. Il Prof. Luigi de Anna, dell’Università di Turku (Finlandia), tratterà lo Sciamanesimo visto dai viaggiatori in Lapponia e in Finlandia. Il Dott. Gianluca Frinchillucci, direttore dell’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, presenterà una relazione dedicata al “Profumo dell’anima”, una delle ultime tracce di sciamanesimo degli inuit del distretto di Ammassalik. Il Prof. Romano Mastromattei dell’Università di Roma 2 “Tor Vergata”, parlerà dello sciamanismo eurasiatico, mettendo a confronto varie reltà geografiche. Il Dott. Dominique Samson Normand de Chambourg del Centre de Recherches Russes et Euro-Asiatiques (Inalco), presenterà un’ interessante ricerca sul campo svolta in Siberia tra i giochi dell’orso tra i Khanti, gli allevatori nomadi di renne. Gli atti saranno pubblicati sulla rivista di studi internazionali “Il Polo”.
L’iniziativa è organizzata da Gianluca Frinchillucci, direttore dell’Istituto fermano con la collaborazione dell’Associazione Amici del Museo Polare, presieduta Renato Zavatti, figlio del fondatore dell’Istituto Geografico Polare.
L’incontro si terrà sabato 8 dicembre 2007 alle ore 15.00 presso la B.U.C. Machinery, spazio multimediale della Biblioteca Comunale di Fermo.

11/10/2007

Terre di Ghiaccio e di Fuoco

la Città della Scienza di Napoli 0rganizza la XXI edizione di «Futuro Remoto», manifestazione multimediale di diffusione scientifica e tecnologica (23 novembre al 16 dicembre 2007).

«Futuro Remoto», in più di venti anni di attività, ha contribuito ad avvicinare alla scienza e alla innovazione tecnologica studenti, professionisti e gente comune provenienti da Napoli, dalla Campania e da altre regioni d’Italia: ne sono testimonianze concrete il flusso di pubblico crescente, la ricchezza dei programmi, l’attenzione dei media e della critica.

L’edizione di quest’anno, “Terre di Ghiaccio e di Fuoco”, sarà un viaggio negli ambienti più estremi ed affascinanti del nostro pianeta, con due mostre principali: “La Terra Inquieta” (alla scoperta della crosta terrestre e della sua dinamicità, dei fenomeni vulcanici e sismici, delle problematiche legate alla sorveglianza, etc.) e la mostra “Pole Position”, prodotta dal Museo Tridentino di Scienze Naturali in occasione dell’Anno Polare Internazionale.

Venerdi 30 novembre, tre studiosi italiani, Il Prof. Mauro Tosco, il dott. Graziano Savà e il Dott. Gianluca Frinchillucci, presenteranno le loro ricerche in Artico e nelle Valle dell'Omo, in Etiopia.

Avventure tra i popoli dei ghiacci e dei deserti.
Alla scoperta dei territori estremi
In Etiopia vivono due anime: una è africana, l’altra mediterraneo-medio orientale. La prima accomuna l’Etiopia a culture e paesaggi caratteristici del continente nero. La seconda si è plasmata con l’influsso di idee e lo sviluppo di lingue provenienti dal mare nostrum e dalla penisola arabica.
La valle dell’Omo è il cuore pulsante dell’anima africana dell’Etiopia. E’ un angolo di terra che ospita paesaggi naturali desertici e semidesertici nei quali si sono sviluppate culture, metodi di sussistenza e lingue che scopriremo insieme.
Il primo marzo è iniziato ufficialmente il Quarto Anno Polare Internazionale (2007-2008) e l’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti” di Fermo partecipa con il Progetto “Carta dei Popoli Artici”. Ricercatori dell’Istituto conducono nuove ricerche per approfondire la conoscenza dell’Artico, in particolare tra i cacciatori inuit del distretto di Ammassalik, nella Groenlandia orientale e tra i Nency, gli allevatori di renne della penisola di Yamal. Scopriremo, attraverso due video, i due popoli artici e conosceremo i progetti che li legano al nostro paese.

11/09/2007

Convegno Sciamanesimo


Anno Polare Internazionale (IPY) 2007/2008
Comune di Fermo - Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti” - Progetto di Ricerca “Carta dei Popoli Artici”
CONVEGNO INTERNAZIONALE
DI STUDI SULLO SCIAMANESIMO ARTICO E SUBARTICO
Fermo, 8 dicembre 2007, h. 15.00 -
B.U.C. Machinery spazio multimediale della Biblioteca Comunale.
Interventi

Prof.ssa Carla Corradi Musi
Università di Bologna (Italia)

Il "mito" degli amuleti nella vita quotidiana delle popolazioni siberiane e ugrofinniche del Nord


Prof. Luigi de Anna
Università di Turku (Finlandia)

Lo Sciamanesimo visto dai viaggiatori in Lapponia e in Finlandia


Dott. Gianluca Frinchillucci
Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”

“Il Profumo dell’anima”: tracce di sciamanesimo tra gli inuit del distretto di Ammassalik


Prof. Romano Mastromattei
Università di Roma 2 “Tor Vergata”
Lo sciamanismo eurasiatico: presente e passato.


Dott. Dominique Samson Normand de Chambourg
Centre de Recherches Russes et Euro-Asiatiques - (Inalco)

Sciamanesimo senza sciamani: giochi dell’orso tra i Khanti del Nord.


Per informazioni: Cesare Censi, segreteria organizzativa.Tel. 0734/226166 - Cell. 349-2548260. email: gfrinc@yahoo.it

Trieste: Anno Polare Internazionale

Carl Weyprecht, un grande triestino dimenticato dalla storia
DALLA SPEDIZIONE POLARE WEYPRECHT– PAYER DEL 1872
ALL’ANNO POLARE INTERNAZIONALE 2007 – 2008

VIAGGIO AI CONFINI DEL MONDO
Venerdì, 16.11.07 - via del Coroneo 15, , 2° piano - Trieste

PROGRAMMA DEL CONVEGNO

Moderatore: dott. Enrico Mazzoli
h. 9.15: Apertura del convegno, saluti della Autorità
h. 9.45
prof. Antonio Brambati – Università degli studi di Trieste
2007-2008 Anno polare internazionale. Significati ed obiettivi.
h. 10,30
dott. Frank Berger, Direttore del Museo della città di Francoforte sul Meno Germania
La nascita del 1° anno polare internazionale 1882-1883. Dalle lettere inedite di Carl Weyprecht.
h. 11,30
dott. Mauro Messerotti, dell'Osservatorio Astronomico di Trieste, membro del Comitato Italiano per l'Anno Eliofisico Internazionale, presidente del Comitato Italiano e copresidente del Comitato Europeo per l'Anno Geofisico Elettronico Internazionale.
Anno Eliofisico Internazionale e Anno Geofisico Elettronico Internazionale - il "progetto Weyprecht" dai Poli allo Spazio interstellare.
h 12,15
dott. Gianguido Salvi, responsabile scientifico del Museo nazionale dell’Antartide di Trieste
Antartide, 100 anni di scoperte. Dalla fase esplorativa all’attività di ricerca
h. 15.30
dott. Gianluca Franchillucci, Direttore del Museo polare etnografico di Fermo
Anno polare internazionale 2007-2008. La carta dei popoli artici (nel corso dell’intervento saranno presentati dei filmati relativi agli inuit della Groenlandia e alle popolazioni della Siberia artica)
h. 16.30
dott. Aldo Scaiano, Presidente “Circolo Polare”
Una rassegna di profili ed imprese di esploratori italiani noti e meno noti: dal Duca degli Abruzzi a Giacomo Bove, da Francesco Negri a Giovanni Acerbi
h. 17.30
Presentazione del volume della collana “Circolo Polare” con l’intervento dell’autore dott. Enrico Mazzoli: Viaggio ai confini del mondo. La spedizione Weyprecht-Payer del 1872 all’origine dell’anno polare internazionale 2007-2008.
Nell’ambito del convegno una mostra-mercato ed esposizione di libri sui temi delle esplorazioni polari, artica ed antartica, sulla ricerca scientifica e sulle letterature del nord-europa

11/07/2007

Seminario Università di Ferrara

Giovedì 8 novembre 2007 – 15,00- 17,00, terrò il seguente seminario:

La Carta dei Popoli Artici e l'Anno Polare Internazionale
Laurea Specialistica in SCIENZE PREISTORICHE
Master Erasmus Mundus in QUATERNARIO E PREISTORIA (Ferrara)

11/05/2007

Seminario Sciamanesimo



Domani, presso l'Università Lateranense di Assisi, terrò un seminario dedicato sciamanesimo andino, su invito del Prof. Guglielmo Spirito.

11/04/2007

Festiva della Scienza di Genova

Ingresso Mostra Pole Position


Pannelli dedicati ai popoli artici, con mie foto e oggetti di Ammassalik

Reinhold Messner, Il direttore del Museo di Trento, Michel Lanzingher, ed io.



10/28/2007

Festiva della Scienza di Genova

Genova. Festiva della Scienza.
il Museo Tridentino di Scienze Naturali ha organizzato, in occasione del Festiva della Scienza, un importante mostra dedicata alla ricerca polare. ieri l'apertura con Rainold Mesner. Ha preso la parola il dott. Michele Lanzingher, direttore del Museo di Trento e Cristian casarotto, curatore della Mostra. L'Istituto Geografico Polare di Fermo ha dato il suo patrocino alla prestigiosa iniziativa ed io sono membro del comitato scientifico. inoltre ho fornito delle foto dei miei amici inuit di Ammassalik e oggetti di uso provenienti da varie zone dell'Artico. Presto nel blog le foto ulteriori informazioni.

10/24/2007

Base Antartica

Sit-in oggi a Montecitorio degli studiosi impegnati nel Programma di ricerche al Polo Sud. Dal 2005 non ci sono più fondi in Finanziaria e le due basi italiane rischiano di chiudere
"Ammirati dal mondo, ma senza una lira". Scienziati in piazza per la missione antartica
Il progetto in 20 anni ha ottenuto risultati straordinari per la comprensione dei cambiamenti climatici.


ROMA - Questa mattina saranno a Palazzo Chigi a ricevere le congratulazioni del presidente del Consiglio per il premio Nobel per la pace ottenuto collaborando all'Ipcc, l'organismo delle Nazioni Unite dedicato allo studio dei cambiamenti climatici. La numerosa pattuglia di scienziati italiani che nel corso di questi anni ha dato il suo contributo a capire i meccanismi del riscaldamento globale, una volta finita la cerimonia alla presenza di Romano Prodi, non tornerà però a casa. Si fermerà in piazza Montecitorio per protestare contro il taglio dei finanziamenti che rischia di mettere in ginocchio il Programma nazionale di ricerche in Antartide, uno dei progetti scientifici più importanti in cui sia coinvolta l'Italia e più promettenti per la comprensione dei cambiamenti climatici. E' la paradossale situazione in cui si trova la ricerca italiana. Da un lato premiata per i suoi meriti e i suoi risultati, dall'altra costretta a vivere nell'eterna mancanza di fondi e nell'incertezza del futuro. L'appuntamento è per le 15, quando, con le tute rosse in dotazione al personale della missione polare e dei pinguini di legno al posto delle bandiere, qualche centinaio di scienziati, darà vita a un sit-in davanti al Parlamento.

(Fonte: Repubblica)

10/19/2007

Servizi televisivi

Venerdi, sabato e domenica TV Centro Marche trasmette servizi video dedicati alle nostre spedizioni in Artico e al Museo Etnografico di Kofele. Venerdi 19 alle 20,15, sabato alle 13,15.

10/02/2007

Sezione: Vive colui che è vissuto (A. Machado)

Ho la necessità di dedicare spazio del mio blog a grandi personaggi del mondo polare e della storia delle esplorazioni oggi scomparsi.

Ho chiamato la sezione Vive colui che è vissuto, da una bella frase del poeta spagnolo Antonio Machado.

In primis vorrei fare un doveroso omaggio a colui che mi ha insegnato ad amare il popolo dei ghiacci: il forlivese Silvio Zavatti, fondatore dell'Istituto Geografico Polare.

La sua è stata una vita vissuta in pieno. Esploratore polare e studioso, è sicuramente un bell'esempio di vita per tutti noi, innamorati dei ghiacci e delle misteriose profondità dell'Artico.

9/29/2007

Trasmissione RAI Utile

Ieri è andata in onda, in diretta, la trasmissione di RAI UTILE dedicata al museo di Kofele.
il titolo accattivante: islam e cristianesimo uniti nel nome della scienza. veramente una gran bella esperienza. ho la registrazione e posso inviare un dvd a quanti lo desiderano.

9/17/2007

Convegno Tabacco


sciamano nelle Ande del Nord (Ph: G. Frinchillucci)

Il tabacco nell`America Latina,


tra testimonianze archeologiche e ricerche sul campo

Non ho ancora niente, ma è stato veramente un convegno ben organizzato. Insieme all'Avv. Toni Pascual abbiamo parlato di pipe e tabacco. Pascual studia le pipe precolombiane e attraverso un bel power point ha presentato le varie tipologie, mentre io ho parlato di alcuni riti sciamanici che ho documentato in Perù, tra il 1991 ed il 2002. Sono partito dalle Ande del Nord soffermandomi in particolare sul tabacco e poi ho parlato del Cusco e di Puno per terminare poi nella Selva Central Peruviana, dove gli Ashaninkas chiamano gli sciamani shiriripari, di shiri, tabacco.
Ho accompagnato la conferenza con diapositive.
Adesso con Pascual prepareremo un volume con i temi trattati, una sorta di atti del convegno.
Terrò infomati i lettori del mio blog.


Napapijri

Nel negozio Napapijri di Ancona in questi giorni è esposta la mostra fotografica polare che ho realizzato insieme a Giorgio Marinelli. Si tratta di una ventina di pannelli fotografici dedicati alla Siberia ed alla Groenlandia Orientale. Nello Store Napapijri è allestita anche una sala proiezioni con i nostri video polari.
Nella vetrina sono esposti gli oggetti che normalmente usiamo per le spedizioni: pulka, sci, giaccone, zaino.......

8/29/2007

Per ascoltare la registrazione

è online la registrazione della trasmissione "Con parole mie".
Per ascoltare la puntata:
http://www.radio.rai.it/radio1/conparolemie/view.cfm?Q_EV_ID=223573

Articol apparso su radio fermo uno:


(24/08/07-11:35) Il prof. Broccoli e il suo TritOne lasciano Fermo. Ieri l`ultima registrazione di “Con Parole Mie”. Sabato e domenica le ultime dirette.

Nessun lacrimevole commiato per la banda di RadioUno Rai, ieri sera, nell`Aula Magna di Beni Culturali. La registrazione dell`ultima puntata della quotidiana trasmissione radiofonica è filata liscia. Si è giunti alle 22 in un batter d`occhio, condotti per mano dal prof. Umberto Broccoli, sulle note suonate dal maestro Luca Bernardini, che del programma firma anche la regia. In onda via etere e via internet, con lo streaming dal sito della trasmissione, l`ultima immersione del sottomarino targato Rai, che ha portato il numerosissimo ed entusiasta pubblico avanti e indietro nel tempo. Ospite, l`antropologo e direttore del Museo Polare “Zavatti” di Fermo, Gianluca Frinchillucci, interrogato da Broccoli su viaggi, spedizioni e progetti futuri. Ancora una volta, il viaggio sott`acqua è stato accompagnato da impeccabili colonne sonore (protagonista di ieri, “Salty Dog”, brano del `69 dei Procol Harum) e famosi contributi tratti dalle Teche Rai. Alle 22, il TritOne era già tornato a Saxa Rubra, nel rimessaggio barche, e il nostro professore, con nostalgia, gli diceva arriverci. Ultimi due appuntamenti in diretta radio dal Fermano, sabato, dalle 10, con “In Europa” e domenica, dalle 11, con il diario della “Pensione Antonella”.

8/24/2007

Con Parole Mie

Ieri sera sono stato invitato alla trasmissione di Umberto Broccoli, con parole mie. Trasmetteva dall'aula magna della mia Università di Fermo.
Broccoli era molto interessato alle nostre spedizioni, in particolare a quella delle Svalbard.

La trasmissione andrà in onda oggi su Radio Uno dalle 14.05 alle 14.50.

8/21/2007

Comunicato stampa

Non è una notizia polare ma coinvolge sempre le mie ricerche. Questa volta parleròd egli sciamani delle Ande Peruviane e delle ricerche sul campo che ho fatto agli inizi degli anni '90.
Il Comunicato stampa è stato pubblicto da Media Comunicazioni di Fermo.


(21/08/07-09:28) Convegno sul tabacco e campionato di lento fumo a Fermo a settembre.

Il Museo della Pipa "Nicola Rizzi", che ha sede ai Musei Scientifici, promuove il Convegno "Il tabacco nell`America Latina, tra testimonianze archeologiche e ricerche sul campo", dedicato alla conoscenza della pipa e dell`uso rituale del tabacco nell`area latino-americana, nell`occasione del XXXVI° Campionato Nazionale di Lento Fumo.

A Fermo il prossimo 8 settembre alle ore 17 nella Cappellina di Villa Vitali s`incontreranno due studiosi, lo spagnolo Toni Pascual e l`italiano Gianluca Frinchillucci che illustreranno due aspetti legati alla cultura del tabacco: le pipe precolombiane dell`area mesoamericana e ricerche svolte sul campo tra gli sciamani delle Ande del Nord peruviane sull`uso rituale del tabacco.

Mentre domenica 9 settembre alle ore 14 all`hotel Royal di Casabianca si terrà una "gara di lento fumo" con la pipa, valevole come III prova del Campionato Nazionale, a cui parteciperanno circa 60 concorrenti (seguiti dalle loro famiglie) provenienti da tutta Italia.

Intervento radiofonico

Questa mattina sono stato invitato a partecipare alla trasmissione "Con Parole Mie" di Umberto Broccoli.

Broccoli è uno dei miei giornalisti preferiti.

Sabato scorso ho ascoltato la sua lettera alla vecchia Europa dedicata al Piccolo Principe e a tutti i sognatori, è stata veramente magistrale.

Con lui parlerò del nostro Museo Polare Etnografico "Silvio Zavatti" e penso anche delle ultime ricerche che abbiamo effettuato nell'ambito dell'Anno Polare Internazionale.

Terrò informati sull'ora e la data, comunque sarà possibile scaricare la puntata dal web.

8/20/2007

Parco Nazionale dei Sibillini

Sabato scorso presso la sede permamente di acheologia preistorica a Fiastra, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, ho mostrato il video dedicato ai Nency e parlato delle nostre ricerche artiche.

Il dott. Emanuele Cancellieri, dottorato di ricerca a Ferrara, ha organizzato tre giorni di conferenze sull'archeologia preistorica invitando archeologi dell'Università di Ferrara ed ha coinvolto anche me come ricercatore nell'ambito dell' etnoarcheologia.

A Fiastra è attiva una esposizione permanente di archeologia.

8/14/2007

di nuovo sogni polari

Un caro saluto a tutti i lettori del mio blog.
Sono appena tornato dalle mie "vacanze" in Etiopia e ricomicio a sognare l'Artico.

Domenica scorsa ho inaugurato, insieme ai miei validi collaboratori, il Museo Etnografico degli Oromo a Kofele e abbiamo allestito, su richiesta dei nostri amici dell'Etiopia,una mostra fotografica polare dedicata agli inut groenlandesi e alla nostra ultima spedizione nelle Isole Svalbard.

L'iniziativa è stata veramente molto apprezzata anche perchè eravamo in 4 a rappresentare il gruppo delle Svalbard.

Nei primi giorni di settembre ricomincerò il lavoro e andrà anche avanti l'organizzazione del prossimo Convegno Scientifico Internazionale dedicato allo sciamanesimo artico e subartico. Tutti i relatori hanno mandato la loro adesione ed il titolo del loro intervento.
Vi terrò informati, a breve, su tutti i preparativi.

8/03/2007

Ehiopia

Salve a tutti. Mi trovo ad Addis Abeba dove devo fare alcune commissioni. ho dormito nella missione di Padre Bernardo e adesso vado all'Università a prendere dei libri.

Sono arrivato ad Addis il 18 e ho raggiunto Kofele, nella regione degli Oromo. da li sono passato per Soddo, il Dauro e arrivato a Jimma. Da Jimma sono andato nella regione dei Suri o Surma, una popolazione tradizionale molto interessante dal punto di vista etongrafico. Ho documentato una sagine, un combattimento con i bastoni (donga) effettuato dai membri della comunità e altre cose inerenti la lotro vita. poi sono ripartito per Soddo, Dubbo ed Hembeccho ed il giorno seguente sono andato nell'Omo River per conoscere il Prof. Tosco che lavora in quelle zone da molti anni. Ho avuto modo di osservare da vicino alcuni aspetti della vita degli Hamer.

Tutto questo non è inerente al mio blog polare ma, magari, può incuriosire qualche amico lettore.
A proposito di mondo polare qui con me ci sono altri tre membri dell'ultima spedizione alle Svalbard:
Enrico, Luca e Marco e allestiremo una mostra fotografica dedicata alle Svalbard nel villaggio di Kofele. Verranno in tanti, bambini della scuola, gente comune, autorità...

A presto
Gianluca

7/15/2007

Pertenza Africa

Martedi parto per l'Africa e non aggiornerò per qualche tempo il sito.

Vado a conoscere i Surma, una popolazione indigena ai confini con il Sudan e poi mi tasferirò da Padre Angelo Antolini, un mio caro amico missionario. Con lui stiamo facendo dei lavori a favore delle popolazioni locali.

A livello etnografico segnalo che continuerò la ricerca etnoracheologica tra i fuga, già presentata al IV convegno della società di etnoracheologia (al CNR) e a Lisbona, al congresso mondiale di archeologia e preistoria (UISPP).

Se ho modo comunque inserirò sempre news polari.

7/10/2007

Notizie polari

Brutte notizie perle ricerche polari....

RICERCA: ANTARTIDE, IN FORSE SPEDIZIONE ITALIANA 2007-2008
(ANSA) - ROMA, 5 LUG - In forse la prossima spedizione italiana in Antartide. ''Siamo a luglio ed e' ancora tutto fermo, c'e' una grande preoccupazione'', ha detto il direttore del consorzio per l' attuazione del Programma nazionale di ricerche in Antartide (Pnra), Antonino Cucinotta. Proprio nell'Anno Polare Internazionale, l'incertezza sulle risorse sta mettendo seriamente in dubbio la possibilita' di affrontare la spedizione del prossimo autunno per l'Italia, che e' stata uno dei primi Paesi e dei piu' impegnati nella ricerca antartica. Anche quest'anno, infatti, la mancanza di un finanziamento ha costretto a raschiare dal fondo per gli enti di ricerca e dai residui delle spedizioni passate. A questo si sono aggiunti i problemi interni ai soci del consorzio. Quello che e' certo, ha aggiunto Cucinotta, e' che se la spedizione riuscira' a partire sara' ridotta al minimo. E si apprende che i programmi di ricerca saranno fortemente ridimensionati proprio nel giorno della pubblicazione su una delle piu' prestigiose riviste internazionali, Science, dei risultati della perforazione Epica, che hanno visto un ruolo importante dell'Italia attraverso il Pnra.

7/05/2007

Nero Artico



Vi invito a vedere, Sabato 7 luglio alle h. 23 lo Speciale Tg La7 "NERO ARTICO" di Massimo Mapelli

Ho collaborato con l'autore per la sezione Inuit della Groenlandia e sono sicuro che è venuto fuori un ottimo lavoro.
Riporto la scheda del programma.

Le drammatiche condizioni di vita degli Inuit della Groenlandia condizionati da un vertiginoso trapasso culturale dovuto ai cambiamenti climatici, alla globalizzazione e ad un difficile rapporto con la casa madre danese. Storie di cacciatori ormai privi di radici, di famiglie devastate dall'alcolismo e dai suicidi anche tra gli adolescenti). Immagini esclusive e molto forti sulla caccia alla foca girate in uno dei più remoti fiordi della Groenlandia orientale seguendo la giornata di uno dei più "affermati" cacciatori.La testimonianza di Robert Peroni italiano che da 30 anni ha deciso di vivere tra gli Inuit per aiutarli, rispettando le loro tradizioni ma cercando di convincerli che il turismo è una grande scommessa per affrontare la modernità.Le risposte dei più autorevoli scienziati impegnati a studiare i fenomeni del riscaldamento globale. Risposte raccolte nell'insediamento umano più a nord del mondo, la stazione scientifica internazionale di Ny Alesund. Base di partenza delle storiche spedizioni al Polo Nord di Amundsen e Nobile. (Nel 2008 sono 80 anni dalla spedizione del Dirigibile Italia. Trent'anni dalla morte di Umberto Nobile e c'è alle Svalbard un progetto per creare un museo permanente sugli anni ruggenti della ricerca polare). Le difficoltà e le prospettive della ricerca italiana con il rilancio del progetto artico del Cnr nell'Anno Polare Internazionale. I sorprendenti segnali di inquinamento che scaturiscono da studi di biologia sugli uccelli marini che si nutrono nelle gelide acque dell'estremo nord. (Progetto Cupol del Norwegian Polar Institute ) L'opinione fuori dal coro di Bjorn Lomborg, ambientalista "scettico" che si contrappone alle posizioni dei ricercatori più allarmisti. Ma anche a organizzazioni ambientaliste come Greenpeace e il WWF. E ancora, la storia di Barentsburg, incredibile borgo alle isole Svalbard la cui vita scorre attorno ad una miniera di carbone. Luogo abitato da 500 minatori ucraini in territorio norvegese. Ai tempi della guerra fredda era l'avamposto sovietico per una possibile invasione dell'occidente.L'artico diviso tra il turismo estremo e la nuova guerra fredda. Lotta per la spartizione di risorse energetiche. Petrolio in primo luogo. Gas naturale e minerali preziosi. Una partita a cui l'Italia, almeno nelle intenzioni, non intende rinunciare. Pronta a partecipare come osservatore permanente al Consiglio Artico, a stipulare nuovi accordi di cooperazione scientifica e a nuovi investimenti soprattutto attraverso soggetti come Eni, Enel.Un quadro delineato ai nostri microfoni dal massimo esperto di questioni artiche della Farnesina, l'ambasciatore Mochi Onory intervistato a Copenhagen.Tutto questo anche in vista della possibile riapertura delle nuove rotte a nord ovest dovuta allo sciolgimento dei ghiacci.

6/15/2007

Riflessioni Polari


Sta uscendo il prossimo numero della rivista internazionale di Studi Polari "Il Polo".
Ho pensato di pubblicare sul mio blog l'editoriale che ho scritto per presentare il numero della rivista.



L’ISTITUTO GEOGRAFICO POLARE E
L’ANNO INTERNAZIONALE POLARE 2007-2008



GIANLUCA FRINCHILLUCCI
Direttore dell’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”




All’inizio dell’Anno Internazionale Polare sono d’obbligo alcune riflessioni, e non solo quelle di natura scientifica e ambientale.


Siamo tutti coscienti dell’importanza delle ricerche polari e degli studi sui global change o delle drammatiche problematiche legate alla vita delle popolazioni indigene.


Oggi, più che mai, i mass media quotidianamente trattano queste drammatiche vicende e scienziati di tutto il mondo si stanno prodigando per conoscere meglio le aree polari.

Ma in questa rivista, icona della passione per le esplorazioni e il sacrificio, ricordiamo quelli uomini che sono stati capaci di sacrificare tutto quello che avevano per superare le porte del mondo, per poter entrare nelle terre inesplorate.

Uomini d’azione e di cultura che hanno spinto se stessi e i propri uomini oltre i confini della Terra.

Quando l’eroico capitano Shackleton, nell’inverno del 1909, lasciò la base di Capo Royds per affrontare le incognite paurose del Polo antartico, disse a coloro che gli erano vicini e potevano capirlo:
«Prego e spero ardentemente di vincere; ho dato a questa impresa l’anima mia».

Tutta l’anima. E’ vero. Gli uomini puri sui quali la comodità, le agiatezze o anche il lavoro di una vita comune non hanno esercitato nessuna attrattiva, per i quali le feste, i ritrovi eleganti, la carriera, non rappresentavano che piccole cose di gente mediocre, si illuminavano nello sguardo al pensiero di azioni avventurose.

Li soggiogava l’imperio della scienza, erano attratti dal fascino che esercitava nelle loro anime il mistero di terre inesplorate, la voce potente del mistero.

Uomini di mare lanciati verso l’ignoto. Ultimi uomini di un mondo che stava morendo…. di un mondo reso sempre più globale e “facile”…

In Italia ne abbiamo avuti molti, tra questi SAR Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, il generale Umberto Nobile, il capitano Gennaro Sora ed i suoi alpini, l’esploratore Guido Monzino, primo italiano a raggiungere il Polo Nord con una squadra di fortissimi alpinisti (come il valdostano Rinaldo Carrel); Il comandante Giovanni Ajmone Cat, che negli anni settanta raggiunse due volte l’Antartide con il suo motoveliero “San Giuseppe II”, prima imbarcazione italiana a raggiungere il Continente Bianco; il capitano di lungocorso Silvio Zavatti, tra i primi italiani a raggiungere l’Antartide, precursore degli studi etnografici polari e Mario Zucchelli, scienziato e pioniere delle ricerche polari italiane in Antartide.


Una storia fatta d’uomini eccezionali, che hanno lasciato un’eredità molto impegnativa: unire l’avventura e la scienza a beneficio della collettività.

Già alla fine del secolo scorso il Duca degli Abruzzi a proposito delle esplorazioni polari scrisse:

« (…) Spesso si è discussa l’utilità delle spedizioni polari. Se si considera solo il vantaggio morale che si ricava da tali spedizioni, io lo credo sufficiente a compensare i sacrifici che per esse si fanno. Come gli uomini, che nelle lotte quotidiane, col superare le difficoltà, si sentono più forti per affrontarne delle maggiori, così è delle Nazioni, che dai successi riportati dai propri figli si devono sentire maggiormente incoraggiate e spinte a perseverare nei loro sforzi per la propria grandezza e prosperità (…) ».

Il nostro Istituto rappresenta il luogo privilegiato italiano per la conservazione della memoria storica delle imprese polari artiche ed antartiche.


Fin dall’inizio della sua storia, nel 1945, lo studioso Silvio Zavatti si è prodigato per tramandare l’amore per le esplorazioni polari alle nuove generazioni. “Figlio intellettuale” di Guido Cora, direttore della rivista di studi geografici “COSMOS”, sulla sua pelle ha sperimentato le tormente dell’Artico ed i difficili ritorni a casa. Le inevitabili incomprensioni, le delusioni, l’amarezza di vivere una vita con passione e animo seguendo i grandi del passato pensando al futuro e la delusione di veder crescere le nuove generazioni animate solo dal facile guadagno o dalla sola ricerca dei record sportivi. Amarezza condivisa da quanti credono nell’esplorazione e nella ricerca.


Già a proposito dei record sportivi Nansen denunciava:

« (…) Con le gare l’addestramento del corpo è degenerato, divenendo meno sport: e tutto quello che è soltanto sport non ha molto valore. Invece di produrre uomini sani e indipendenti, lo sport crea dei vanitosi (…) ».

Ma ci sono ancora tanti studiosi ed esploratori che stanno emulando i loro Padri, seguendoli sulla via dei ghiacci eterni e dei popoli senza voce.


E a loro va il mio più grande augurio di buon lavoro in questo biennio estremamente importante per le aree polari, con la certezza che l’Anno Internazionale Polare rappresenti una tappa essenziale per tutti noi.

6/13/2007

Novità



Proseguono le attività legate alla nostra ultima spedizione nelle Isole Svalbard. Il prof. Pompei sta analizzando i risultati delle analisi e presto ci fornirà i primi dati.

Massimo Zanconi sta preparando una mostra fotografica itinerante davvero meravigliosa.

Dalle Svalbard alla Valle dell'Omo. 4 dei 9 partecipanti alla spedizione artica scenderanno tra luglio e agosto in Etiopia per collaborare con un progetto dei padri cappuccini di Kofele e per raggiungere i Surma ai confini con il Sudan. Partiranno (oltre al sottoscritto) Marco Giogesi, Luca Natali ed Enrico Mazzoli.

Il progetto con i Nency sta andando avanti bene e abbiamo inviato già i primi lavori in Russia. Qualche aggiornamento sul sito: http://polarmap.blogspot.com/

6/06/2007

Piccolo Principe




Qualche tempo fa ho scritto quest'articolo per la rivista "Arte Nomade". e'dedicato al grande scrittore ed aviatore Antoine Saint Exupèry. Certo non è un tema polare ma è uno dei mie scrittori preferiti e ho pensato di pubblicare l'articolo per i lettori del mio blog.

Antoine Saint Exupèry: professione eroe.
L'ultimo volo del “Piccolo Principe”.


"Addio", disse la volpe.
"Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale e' invisibile agli occhi". "L'essenziale e' invisibile agli occhi", ripete' il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante
".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità.
Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa...”
"Io sono responsabile della mia rosa..."
ripete' il piccolo principe per ricordarselo.

(Antoine Saint Exupèry, Il Piccolo Principe, capitolo XXI)

« Non c’è che un problema, uno solo: restituire agli uomini un significato spirituale. Inquietudini spirituali ».

Così scriveva il pilota-poeta Antoine Saint Exupèry, autore di uno dei libri più venduti nella storia, Il Piccolo Principe, scomparso con il suo aeroplano per la sua “inquietudine spirituale” il 31 luglio 1944, durante una missione di guerra.
Nella baracca, dove viveva, gli americani trovarono il manoscritto di un libro, La cittadelle, alcune lettere per sua moglie Consuelo e disegni di bimbi e di stelle filanti.
Da quel 31 luglio 1944, la sua leggenda si è diffusa in tutto il mondo, alimentata da una vita ardimentosa e da straordinarie opere letterarie.

La sua scomparsa, da qualche parte, nel meraviglioso cielo della Francia, si è caricata d'un significato simbolico e segreto, che lega Antoine Saint Exupèry ancor di più alla sua principale creatura letteraria, a quel Piccolo Principe proveniente da un mondo ignoto, un asteroide sconosciuto, verso il quale ritornerà, misteriosamente come ne è arrivato.

Ma perché, ancora oggi, a più di sessant’anni dalla scomparsa, quest’eterno fanciullo ci affascina ancora? Forse perché, vivendo ormai in un mondo privo d’ardimenti eroici e di slanci ideali, troviamo invece in lui un modello di coraggio e di passione. O forse perché è stato un avventuriero pieno di fremiti e passioni, che disprezzava i bisogni e desideri materiali di massa; intellettuale fedele alle amicizie al di là delle diverse scelte ideologiche e teorico di una democrazia elitaria, di un governo dei migliori. Un Uomo che non credeva agli «ismi» del suo tempo (comunismo, capitalismo...), ma che amava profondamente la "Terra degli uomini" e la sua Francia.

Antoine, per gli amici "Tonio" o "Totonno", nasce a Lione, il 19 giugno 1900, da una famiglia aristocratica e a quattro anni rimane orfano del padre.
Cerca di intraprendere la carriera militare come ufficiale di marina, ma per due volte non supera gli esami. "Ha la testa tra le nuvole" dicono i professori "ed al comando di una nave la fracasserebbe sugli scogli".
Forse sogna già gli azzurri spazi del cielo ed i professori che lo respingono non immaginano che nella sua breve esistenza schianterà al suolo molti aeroplani, e che diventerà uno degli uomini più famosi del pianeta.
Vola per la prima volta a dodici anni, con il pilota Gabriel Wroblewski-Salvez, a Ambérieu. È il suo battesimo dell’aria; il suo Airborne, come lo chiamano gli americani.
La sua fantasia inizia a volare sulle ali d’aviatori ardimentosi e romantici come D’Annunzio, Baracca, Fonk, Mermoz. Vola nelle carlinghe degli aerei Caproni, Marchetti, Blèriot e Brèguet.
Probabilmente è il poeta-aviatore D’Annunzio che lo affascina di più e che gli trasmette, oltre che la voglia di volare, anche quella di scrivere e di amare; metafora della sua breve e romantica vita.
Nel 1921 i suoi sogni iniziano ad avverarsi: infatti viene arruolato nel II° reg-gimento d’aviazione di Strasburgo ed ottiene il brevetto di pilota civile e militare; in gergo “mette la ali”.
Nel 1926 entra a far parte, come pilota di linea commerciale, del personale delle mitiche linee aeree Letecoère: cinquemila chilometri per trasportare la posta da Tolosa a Dakar, sorvolando la Spagna, il Marocco, il Sahara, la Mauritania ed il Senegal.
Trascorre un intero anno a Cap Juby, una modestissima pista schiacciata tra il mare ed il deserto del Sahara. Qui Antoine scrive il suo primo libro, Courrier Sud che sarà seguito da Vol de nuit (premio Femina 1931).
Termina l’avventura africana nel 1930 e approda nelle Ande, come direttore dell’aereo postale Argentina-Francia a Buenos Aires. Dopo il deserto lo attende anche la vita mondana nelle metropoli e l’unico grande amore della sua vita: Consuelo Scancin.Tra i due nasce un amore profondo e “leggendario”, riscoperto recentemente dalla critica letteraria.
Nel maggio 1933 nasce la compagnia di bandiera francese Air France: l’aereo-postale è ormai storia passata. Negli stessi anni in Italia nasce l’Ala Littoria e nei cieli dell’Oceano Atlantico Italo Balbo conquista primati aviatori mondiali. Antoine lo ammira e lo piange quando sa del suo abbattimento a Tobruk nel 1940.
Nel 1935 tenta il raid aereo Parigi-Saigon e l’avventura si tramuta in un inci-dente nel deserto libico, dove viene tratto in salvo dagli aerei della Regia Aeronautica Italiana. Scrive: «Ho apprezzato il gusto al motore in Libia e la necessità di dover cammina-re, e il deserto che mi divorava poco a poco ».
Nel 1939 pubblica Terre des hommes. Il libro diventa un best seller e riceve anche un premio dall’Accademia Francese.
In seguito all'invasione della Francia, il 10 giugno 1940 nonostante sia stato considerato inabile al volo a causa dei troppi malanni, piomba a Pau, nella zona libe-ra. Chiede di comandare una squadriglia di caccia, ma è impiegato nella ricognizione aerea. Si butta nella battaglia con una violenza mistica, quasi suicida.
Consuelo gli scrive: «Ah Tonnio, mio beneamato, è terribile essere la moglie di un guerriero ».
Il 22 maggio 1940, dopo una ricognizione su Arras, ha l’ispirazione per scrivere Pilote de guerre.
Quando la Francia si spacca, lui non sceglie di giurare fedeltà né al maresciallo Petain, né al generale De Gaulle. Probabilmente non vuole combattere una guerra civile e quindi decide di partire per gli Stati Uniti.
In America seguita a non prende posizione, né per una parte né per l’altra, ma la sua nomina al Consiglio Nazionale decisa, dal governo di Petain, lo compromette e diventa inviso alla comunità degli esiliati.
Si annoia e si dispera, l’inattività lo distrugge. È profondamente melanconico e trascorre le ore a scrivere ed illustrare la sua opera più grande, il Piccolo Principe, che pubblica in inglese in America.
Nel novembre 1942 la situazione precipita, i tedeschi occupano la zona libera, la flotta francese si autoaffonda e gli alleati sbarcano in Africa del Nord.
Alla fine del 1942 scrive una lettera aperta sul New York Times, dove invita tutti i francesi alla riconciliazione ed a prendere le armi: «Noi auspichiamo la mobilitazione militare di tutti i francesi degli Stati Uniti (…), ma avendo in odio qualsiasi spirito di divisione tra francesi, ci auguriamo semplicemente che sia estranea alla politica ».
Viene attaccato dagli esuli francesi: è un vero linciaggio politico. Saint Exupèry vuole perdonare gli errori e riunire la Francia. Disprezza i fuggiaschi e gli esuli che vivono lontano dalla battaglia, abituati nei loro salotti alle agiatezze borghesi. A loro indirizza molte lettere, il più delle volte rimaste senza risposta: «Avreste constatato che allora l’uomo non ha bisogno di odio, ma di fervore. Non si muore “contro”, si muore “per” (…) ».
È ferito nell’anima e nel corpo, i tanti incidenti di volo minano la sua salute, ma il suo pensiero fisso è l’Europa. Vuole andare a combattere: «I soli posti da prende-re, sono posti di soldati e forse un tranquillo giaciglio in qualche piccolo cimitero dell’Africa del Nord…».
Consuelo sa che perderà il suo amore, anche le ultime pagine del Piccolo Principe lo lasciano presagire, ma gli scrive: «Tu sarai felice solo quando avrai ottenuto l’autorizzazione di raggiungere la tua squadriglia, per andare a batterti, perché qualcuno ti spari addosso… ».
Antoine chiede di essere arruolato nell’aviazione americana per tornare in Francia volando; ed il 25 giugno 1943 in Tunisia è promosso comandante.
Lui vive la guerra come una sfida e un’avventura. Ha una forte visione spirituale della vita e rimane sempre più deluso da mondo anonimo che lo circonda: «gli uomini si rifiutano di essere risvegliati ad una vita spirituale».
L’Europa brucia. Bruciano i suoi villaggi e le sue chiese. Gli uomini vengono inghiottiti da mostri di fuoco e acciaio. Antoine comunica alla moglie che va a farsi sparare per proteggere le cose che ama, «la lealtà, la semplicità, la fedeltà, il lavoro dei sentimenti, non il gioco delle verità in cui si mente esiliati, lontano da tutte le cose umane».
Cerca la via del martirio, rafforzata ancor di più quando è ignorato completamente da de Gaulle, nel suo discorso agli intellettuali. Si sente un senza patria. Forse pensa ad una celebre frase di uno statista spagnolo… “la mia patria è laddove si combatte per la mia idea” e a lui interessa la sua Francia.
Nei primi giorni del 1944 è trasferito ad Alghero dove gli americani gli accordano il permesso di compiere solo cinque missioni. A fatica riesce a prendere posto ai comandi di un velocissimo aereo, il lightning P38, ma gli americani lo ammirano e gli permettono di condurre altre cinque missioni.

Gli inconvenienti tecnici non si contano e lui si avvicina alla morte con serenità, adottando un tono sempre più mistico e spirituale.

Come le ultime parti del Piccolo Principe ... «Rimase immobile per un istante. Non gridò. Cadde dolcemente come cade un albero. Non fece neppure rumore sulla sabbia».
In comunione con la fede cristiana, crede di portare su di sé i “peccati del mondo”, come disse Gesù e vola pur avendo una vertebra rotta e gravi problemi al fegato ed all’udito.

Alla moglie scrive:

«(…) parto per la guerra, non posso sopportare di essere lontano da coloro che hanno fame. Conosco un solo mezzo per essere in pace con la mia coscienza, ed è soffrire il più possibile. Cercare il maggior numero possibile di sofferenze (…) ».

Con gli altri aviatori della base tutti molto più giovani (lui ha 42 anni), conti-nua a far finta di niente e tira su il morale del gruppo.
Nella sua nona missione deve sorvolare la regione di Grenoble-Annecy. Parte alla 8.45 ed alle 10.45, la radio della base perde le sue tracce. Il comandante Antoine Saint Exupèry alle 14.30 viene dato per disperso. La sua fine rimane avvolta nel mistero. Il suo velivolo sarà trovato solo il 7 aprile 2004, in mare, a sessanta metri di profondità. Probabilmente l’incidente è avvenuto per un guasto al motore. Ci piace immaginare che sia scomparso dopo essersi allontanato dalla rotta prestabilita per dare un’ultima nostalgica occhiata ai luoghi della sua adorata infanzia.

Ma il suo segreto vivrà sempre con lui e ci piace anche credere che durerà per sempre, legato ad una delle più belle frasi del Piccolo Principe:

«Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi ».

5/31/2007

La ricerca nelle aree estreme




Oggi alle 16 parliamo al museo polare di ricerca negli ambienti estremi.
Sarà con noi Michele Impara del PNRA.

Impara ha passato nel 2006 un intero anno nella stazione di Concordia.

Un'altra bella occsione per approfondire il nostro impegno nelle "aree estreme".

5/29/2007

Inuit e polinesiani uniti contro il global warming

Territori ghiacciati e tropicali sembrano avere un nemico comune: 40 delegazioni di cacciatori Inuit dal Canada e dalla Groenlandia, i pastori di renne Sami norvegesi, i capi villaggio della Polinesia francese, delle Figi e gli amministratori delle isole dei Caraibi sono riuniti in Belize per discutere di cambiamento climatico.

Lo strato di ghiaccio dell’Artico sparisce, mentre spiagge tropicali, isole e atolli, barriere coralline rischiano di sparire sommerse o soffocate dal mare che riscalda.

«Ci sono tante somiglianze fra le due regioni - ha detto alla Reuters Grete Hovelsrud, del Center for international climate and environmental research di Oslo - e noi speriamo in una collaborazione internazionale».

I popoli dell’Artide e delle isole tropicali dipendono dalle coste: gli Inuit contano sulla banchisa polare per la caccia alle foche, mentre gli abitanti delle isole contano sulla pesca o sul turismo che è richiamato dalle spiagge bianche, dalle barriere coralline e dalle palme, ma nel grande nord il ghiaccio sta sparendo e nei mari del sud il mare sta facendo sparire isole e riserve d’acqua dolce.

In Belize questa strana alleanza sta cercando di dare voce e peso politico a piccoli popoli dimenticati.

I colloqui dovrebbero raggiungere un accordo per un piano di lavoro quinquennale ed ad esaminare le possibilità per un più vasto studio sulle minacce incombenti sulle piccole isole, sul modello di quanto già fatto nel 2004 per l´Artide da 250 esperti che preconizzava il veloce scongelamento dei territori artici e l’aumento dell’assorbimento di calore per la sparizione della calotta ghiacciata che riflette i raggi solari.

5/28/2007

Sven Hedin

Mi è capitato di trattare la vita del grande studioso Giuseppe Tucci. ho effettuato una piccola ricerca e tra i vari indizi che seguivo mi sono imbattuto in Sven Hedin, un esploratore dall'altissimo valore scientifico e simbolico.
Reputo l'Himalaya un pò come una sorta di terza area polare, convinzione che mi si è rafforzata quando a roma ho partecipato ad un convegnod del CNR sulle ricerca nelle aree estreme (magari in futuro pubblico alcune note su questo convegno).
Riporto una biografia scritta dal redattore della rivista "Il Polo" Cesare Censi.





Sven Hedin: il più importante esploratore del Tibet del secolo scorso

La seconda metà del XIX secolo è stata caratterizzata dall'intensificarsi di viaggi di esplorazione verso terre estreme di difficile accesso e verso luoghi ancora poco conosciuti dal mondo occidentale. Questa "politica" geografico-esplorativa era incoraggiata sia da governi che da istituzioni private tanto che molti giovani erano attratti dal fascino di possibili imprese e da una vita esaltante e ricca di emozioni. In questo periodo storico il giovane Sven Hedin - nato a Stoccolma nel 1865 da Ludwig, architetto-capo della città, e da Ann Berlin - viveva un'adolescenza arricchita dalle letture stimolanti di James Fenimore Cooper e Giulio Verne, oltre che dai resoconti delle imprese di Livingstone. Ma la molla che fece scattare qualcosa nello spirito intrepido del ragazzo fu il ritorno nel porto di Stoccolma - il 24 aprile 1880 - della Vega di Erik Nordenskiold dopo la scoperta del Passaggio a Nord-Est. Entusiasmato dall'impresa appena compiuta dal grande esploratore, il giovane Sven si ripropose in cuor suo di diventare egli stesso esploratore e di raggiungere per primo il polo Nord.

Con il passare del tempo la passione per l'avventura e per l'esplorazione - seppur sempre viva - subì una trasformazione radicale riguardo ai territori da visitare. La meta delle imprese non erano più i luoghi freddi e inaccessibili - per l'epoca - dell'Artide ma i paesaggi più caldi e aridi dell'Asia centrale. La causa di questo cambiamento fu la permanenza di un anno (1885) a Baku, presso una famiglia svedese. Da qui, con mezzi provvisori e pochi soldi in tasca, Hedin si spostò fino in Persia percorrendo più di 1.500 km. Approfittò dell'occasione per imparare il tartaro e il persiano; al suo ritorno in patria scrisse il resoconto di questo breve ma determinante viaggio che vendette ad un editore per 600 dollari, somma ingente per quell'epoca. Da questa prima esperienza Hedin trasse anche la convinzione che fosse fondamentale, per i viaggi che aveva in progetto, avere una conoscenza approfondita della geologia e della geografia. Per questo motivo si iscrisse alle università di Stoccolma e di Berlino - dove insegnava Ferdinand von Richtofen, che in seguito avrebbe avuto grande influenza sulle ricerche compiute nel corso delle sue spedizioni - e completò la propria formazione scientifica.




Nel 1890 Hedin ripartì con destinazione il Krasan e il Turkestan. Fu la prima volta che vide Kashgar, il grande centro lungo la Via della Seta e dove si trovava il più grande bazaar dell'Asia. Qui incontrò Francis Jounghusband, che del giovane svedese tracciò sulla carta questa vivida immagine: "Il dott. Sven Hedin mi impressionò per la vera statura di esploratore - fisico robusto, cordiale, di umore costante, calmo e perseverante... lo invidiavo per i suoi doni linguistici e le sue conoscenze scientifiche ottenute presso i migliori maestri d'Europa".

Il primo vero viaggio di esplorazione, quello che corrispondeva al suo spirito ed ai suoi ideali, ebbe luogo nel 1893 quando Hedin attraversò la Russia asiatica fino al Pamir, tentando di scalare il Mustag Ata (7800 m.) senza riuscirci e cercando inutilmente di avventurarsi all'interno del Tibet contro il volere delle autorità locali che glielo impedirono. Nonostante questi primi insuccessi, il viaggio "iniziatico" ebbe comunque alcuni effetti positivi. Primo fra tutti conquistò il cuore di Sven Hedin, che rimase affascinato dalle leggende circolanti attorno al deserto del Takla-Makan, "un oceano di sabbia che non finisce mai", che narravano di città morte depositarie di tesori inghiottiti dalla sabbia. Al ritorno scrisse. " L'Asia intera era aperta a me. Ho sentito di essere chiamato a fare scoperte senza limiti che mi attendono proprio nel mezzo del deserto e sulle vette delle montagne. In questi tre anni, tanto è durato il viaggio, il mio principio guida è stato esplorare solo queste regioni dove nessuno è mai arrivato prima". Prima ancora di veder pubblicati i risultati della spedizione appena conclusa, era di nuovo in Asia (1899) per risolvere "l'enigma geografico" del Lop-Nor. Giunto a Kashgar decise di attraversare il Turkestan orientale e risalire tutto il corso del Tarim, "il più grande fiume dell'interno dell'Asia", fino ad allora "assai incerto" e constatò quanto fosse "diverso il suo percorso da quello che appariva sulle carte precedenti". Il Tarim sfociava nel Kara-Koshun e questo fatto dimostrava quanto fosse errata l'ipotesi di Przeval'skij il quale riteneva che questo lago fosse l'antico Lop-Nor. Di contro la risalita del letto asciutto del Kurruk-darja, "un vero fiume fossile", in certi tratti sembrava "una specie di grande cimitero di pioppi, di canne e di molluschi" e in altri invece sviluppava una vegetazione di pioppi che era alimentata da una falda acquatica sotterranea. La conclusione cui giunse fu che "il terreno sul quale camminiamo deve essere stato ricoperto dall'acqua dell'antico Lop-Nor". Scoprì anche un nuovo lago "che può considerarsi come un braccio assolutamente nuovo del Tarim" in un luogo praticamente privo di vegetazione che gli fece subito ipotizzare che fosse "stato inondato solo da poco tempo". Lo spirito audace che lo animava nella ricerca fu premiato anche dalla scoperta "per caso dei primi miseri resti di Lou-lan". Questa antica città sulla Via della Seta che dopo il 330 d.C. fu abbandonata dai suoi abitanti per non essere più ripopolata e che si credeva scomparsa, non si trovava, come si poteva pensare, sulle rive di un lago, ma nel bel mezzo del deserto. I ritrovamenti di conchiglie, di una brocca di argilla, una pentola cinese di rame, un grande piatto lavorato e soprattutto la tomba di una giovane principessa, dimostrarono che quel luogo era anticamente abitato e doveva trattarsi di Lou-lan. Il fenomeno geografico che aveva provocato la sua "morte" era dovuto al cambiamento di direzione dei fiumi che avevano lasciato senza immissari il Lop-Nor.

I risultati ottenuti da questa nuova spedizione sarebbero stati considerati soddisfacenti da chiunque ma non da Hedin che, nonostante avesse scoperto l'antica Lou-lan, verificato l'esistenza del Lop-Nor e dimostrato l'inconsistenza della tesi di Przeval'skij che lo indicava invece nel Kara-Koshun, e infine trovato un nuovo lago nel deserto, si ripromise "di esplorare questa regione ancora una volta". Voleva verificare la sua idea, che riprendeva una ipotesi di von Richtofen, la quale prevedeva per il Lop-Nor un "movimento" che lo portava ad essere classificato come "lago migratore".

Dopo tre anni, come previsto, ripartì. La sua indole inquieta e irrefrenabile trovava riposo solo "nella infinita libertà del deserto, nelle sconfinate pianure remote, là giù tra i monti nevosi del Tibet... avendo per compagni il vento, che oggi solleva le onde e il bosco che comincia ad ingiallirsi". Questo ritorno fu dettato dalla convinzione "a priori" di Hedin che esistesse "proprio in quella regione uno dei problemi più belli e più importanti che aspettassero ancora la soluzione nella geografia fisica dell'Asia". Il 16 ottobre 1905 "l'anniversario di quello stesso giorno in cui, dodici anni prima, m'ero posto in cammino per il mio primo viaggio a traverso i deserti dell'Asia" riprese la strada verso sud, verso quella terra ancora sconosciuta e ricca di misteri che tanto lo seduceva. Piuttosto che formulare teorie e ipotesi che avrebbero poi dovuto essere sottoposte a verifica pratica con la possibilità più che remota di vedere sconfessate le conclusioni, Hedin pensava bene "di studiare co' miei propri occhi le terre ignote che costituiscono il centro della regione tibetana settentrionale". Gli intenti di questa nuova spedizione erano di trovare le sorgenti dell'Indo ed esplorare le regioni centrali del Tibet dove ancora nessun occidentale aveva messo piede e nemmeno "quegli arditi esploratori nati che sono i "panditi" indiani". Hedin aveva letto sul Tibet e in particolare sull'Himalaya quanto era disponibile all'epoca ma non aveva trovato testi che riportassero in maniera completa la descrizione della catena montuosa più alta del mondo. Solo "fantastiche congetture" o resoconti e descrizioni che "denotavano solo singole porzioni di un sistema complesso". Questo fatto gli aveva ancor più stimolato la mente e accresciuto il desiderio di visitare quei territori avvolti nelle nebbie del mistero e per molti versi proibiti. L'aura di sacralità e inviolabilità che si avverte un po' ovunque in Tibet - nelle valli profonde come in alta montagna - è maggiormente percepibile di fronte a quegli eventi per i quali si è dedicata la propria esistenza. Così avvenne per Hedin quando si trovò faccia a faccia con le sorgenti dell'Indo, "questo misero ruscelletto" che i tibetani chiamano Singki-kamba, il fiume Leone e quelle del Brahmaputra, "che ha origine dallo scioglimento delle nevi... - tanto che - da per tutto gli è un pullulare e uno scorrere di rivoletti in mezzo ai detriti" e quando scoprì il Manasarovar, "il bacino d'acque più sacre di tutta la terra". Le stesse sensazioni e riflessioni lo colsero al cospetto delle alte vette himalayane mentre attraversava passi montuosi sopra i 5.000 metri fino ad allora sconosciuti o quando riconosceva una conformazione orografica autonoma da una catena montuosa che non aveva denominazione propria ma tanti nomi, che non davano la giusta visione d'insieme. Hedin mise ordine a questo "colossale sistema di monti, il quale corre parallelo all'Himalaya" proponendo un nome "che non potesse dar luogo ad equivoci" e scelse Trans-Himalaya, restando però consapevole che "il lungo viaggio" altro non era stato che una "fuggevole ricognizione sommaria" di un paese sconosciuto. Il suo augurio era che in avvenire esploratori meglio preparati tecnicamente e con conoscenze scientifiche maggiori si avventurassero per quei monti ed eliminassero quelle "macchie bianche" che ancora resistevano alla conoscenza.

I risultati della spedizione, finanziata da re Oscar di Svezia, da Alfredo Nobel, da società geografiche europee e da industriali inglesi, furono poi pubblicati in libri rimasti fondamentali nella storia delle esplorazioni e soprattutto dell'Asia. L'attività scientifica di Hedin, comunque, non si limitò alle sole pubblicazioni ma ebbe un seguito con conferenze tenute presso istituti scientifici di tutta Europa. Venne anche in Italia invitato dalla Società Geografica Italiana e nell'Aula Magna del Collegio Romano, alla presenza dei reali italiani, ministri, ambasciatori, personalità della cultura, espose i risultati conseguiti nell'ultimo viaggio. Il giorno dopo fu ricevuto anche dal papa e, ricordando queste giornate romane, scrisse: "Fu per me sommo onore essere invitato nella terra di Marco Polo... e la medaglia d'oro che mi fu consegnata in quella circostanza, è una delle maggiori ricompense alle mie fatiche". Quando ormai si pensava che la sua attività di esploratore fosse terminata, considerando anche l'età avanzata, nel 1927 Sven Hedin approntò una grande spedizione scientifica sino-svedese che avrebbe studiato l'Asia centrale - dalla Mongolia alla Kashgaria - in tutti gli aspetti: geologico, botanico, topografico, meteorologico, archeologico, antropologico ecc. e disegnato la grande carta geografica della regione. Ovviamente si rendeva conto che questa spedizione non poteva essere come le precedenti, dove l'avventura aveva avuto un ruolo se non predominante certamente non secondario e dove l'ambizione della scoperta individuale non aveva il sopravvento sugli altri aspetti. Nonostante fosse notevolmente impegnato nell'impresa, aveva sempre fisso in mente il grande "enigma geografico" del Lop-Nor che ancora non era stato compiutamente risolto. Nel 1928, durante una conversazione con un mercante di Turfan, tale Tokhta Ahun, seppe che sette anni prima, durante la piena monsonica, la riva sinistra del Konche-darja aveva rotto gli argini e riversato le proprie acque nel letto del "fiume fossile" Kurruk-darja. Quest'ultimo, chiamato ora con il nuovo nome di Kum-darja (Fiume delle Sabbie), era un vecchio immissario del Lop-Nor e questa nuova situazione idrografica ricostruiva le antiche mappe e dimostrava, ormai senza dubbi, che il lago era "errante", si spostava, cioè, con il modificarsi dei corsi dei suoi immissari. La notizia mise subito in fermento lo svedese che immediatamente si organizzò per avere il permesso necessario per attraversare la regione e arrivare al Lop-Nor. "Ma tutte le vie gli erano inevitabilmente precluse" in quanto il governatore Chin Shu-jen, disobbedendo persino a Chang Kai-Shek, negò ogni permesso. Nel frattempo altri esploratori - Aurel Stein e Schomberg - erano venuti a conoscenza del nuovo corso del Tarim e si erano mossi a livello politico per avere le autorizzazioni e dirigersi nel cuore dell'Asia centrale e togliergli la gioia del primato della scoperta. Hedin mal sopportava l'idea che "altri cogliessero i frutti del lavoro da noi dedicato al problema del Lop-Nor", così pensò di "agire rapidamente" e d'astuzia. Approfittando dell'importanza - militare e commerciale - che rivestiva per il governo cinese una strada che collegasse il Kansu con lo Xinjiang senza deviare verso Nord come succedeva allora, associò il suo interesse per il "lago errante" con questa convenienza cinese e chiese i permessi per esplorare la regione. Il governo repubblicano di Nanchino pensò, da parte sua, di sfruttare l'occasione per mandarlo a visitare una zona che in quel momento non era molto sicura per le scorribande di Ch'ung-yin, il "Grande Cavallo" e gli accordò l'autorizzazione. Così Hedin si trovò di nuovo a percorrere "questa regione deserta quanto si suppone possa esserlo un paesaggio lunare" fino al lago, "quel pacifico lago, sulle cui acque prima d'ora nessuna barca è mai scivolata" e finalmente determinò le ragioni di questo suo spostamento. "In un territorio desertico, la cui superficie è praticamente piana quanto quella del mare, i corsi d'acqua devono essere assai sensibili alle minime variazioni di livello" da far deviare il percorso, ma quello che più colpì Hedin fu che i cinesi, nonostante conoscessero il lago da sempre e lo chiamassero P'u-ch'ang, non ebbero mai sentore che fosse errante.

Ricevette in vita molte onorificenze, lauree honoris causa, 42 medaglie d'oro, 15 decorazioni. Il suo sostegno al nazismo, però, oltre a creare seri problemi al governo del suo paese, che si era dichiarato neutrale, dette occasione alla Royal Geographical Society di revocargli la carica di membro onorario, malgrado a suo tempo gli avesse conferito due medaglie. Morì dimenticato dal mondo il 26 novembre 1952, poche settimane prima della pubblicazione del suo ultimo libro.

La figura di questo esploratore, l'ultimo in senso classico, è da annoverare tra quelle che hanno caratterizzato un'epoca. Le sue spedizioni a dorso di cammello, a piedi o su barche quanto mai improbabili, hanno permesso di ricostruire, geograficamente e cartograficamente, aree terrestri fino ad allora conosciute solo approssimativamente. La sua formazione scientifica e metodologica, influenzata dallo scientismo di von Richtofen, lo condussero verso una ricerca più analitica che antropologica senza per questo sminuire l'importanza ed il valore delle sue spedizioni. A questo riguardo si può riportare quanto scrisse Tucci nella sua relazione di viaggio in Tibet, che definisce "una delle terre più inospitali e aspre dell'Asia", nel 1935: "Sven Hedin in un'opera monumentale ha dimostrato come lentamente sia progredita la conoscenza geografica di un paese che fino a pochi decenni fa era ancora per i più una terra di mistero". Una terra arida, desolata, disabitata, priva di qualsiasi comodità, difficile da percorrere, ma che nonostante tutto considerò sempre "la terra de' miei sogni".




5/23/2007

Note

Ieri in tanti ci siamo trovato in Chiesa al funerale di Giuliano. Vecchie e nuove generazioni di alpinisti e "polaristi".
Macciò, il celebre alpino di Jesi protagonista di tante spedizioni in tutto il pianeta, con Desiderio Dottori, altro alpinista di Jesi, entrambi compagni di spedizione di Giuliano, Beretta, Corsalini. Dalle Ande, all'Africa fino alle terre artiche... Baffin, Svalbard, Groenlandia....
Tanti giovani vicino ai "Maestri". proiettati verso le vette più alte, i deserti di ghiaccio e sabbia, le Ande e le terre dell'eterno ritorno.

Oggi sono usciti tantissimi articoli sulla nostra spedizione, ma è anche il giorno della riflessione sul nostro lavoro e così ho deciso di rimandarne la pubblicazione.

MI preme scrivere che mi sto interessando alla Terra di Francesco Giuseppe. Wayprecht la scoprì nel 1873 e nel 1878 propose lui stesso la creazione dell'Anno Polare Internazionale.

5/21/2007

Ultima Vetta




Oggi ci ha lasciato il nostro amico Giuliano Mainini di Macerata.
Giuliano è stato un grande alpinista, di quelli che hanno infiammato la nostra gioventù. Ha scalato montagne in tutto il pianeta e ha sempre avuto una grande apertura di cuore per le popolazioni incontrate.
Più volte nell'Artico: Terra di Baffin, Svalbard, Groenlandia orientale..(nella foto con i membri marchigiani di una spedizione in Groenlandia).

A Lui si devono nuove scoperte nel campo delle scienze naturali, anche pubblicate sulla rivsta "Il Polo".

Istruttore CAI di scialpinismo e alpinismo ha formato intere generazioni di alpinisti e Uomini.

A Lui abbiamo dedicato la nostra ultima spedizione.

Che Iddio lo accolga tra le sue alte Vette.

5/17/2007

COMUNICATO STAMPA





ISTITUTO GEOGRAFICO POLARE
“SILVIO ZAVATTI”



Comunicato Stampa

RITORNATA IN ITALIA LA SPEDIZIONE DELL’ISTITUTO GEOGRAFICO POLARE NELLE ISOLE SVALBARD, IN OCCASIONE DELL’ANNO POLARE INTERNAZIONALE.

attraversata con successo una zona delle isole ed effettuati esperimenti di valutazione funzionale per conto del progetto “Carta dei Popoli Artici”.




Fermo, 18 maggio 2007.

E’ appena rientrata in Italia una spedizione polare organizzata dal Progetto “Carta dei Popoli Artici” dell’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti” (Comune di Fermo) nell’ambito dell’Anno Polare Internazionale.

Gli anni Polari Internazionali, che quest’anno giungono alla loro quarta edizione (i precedenti eventi si svolsero nel 1882 – 1883, nel 1932 – 1933 e nel 1957 – 1958, quest’ultimo prendendo il nome di Anno Geofisico Internazionale) rappresentano uno dei principali momenti di collaborazione scientifica internazionale, vedendo impegnati per un anno decine di migliaia di scienziati e di ricercatori di tutto il mondo, che lavorano su programmi condivisi in un quadro di totale scambio di informazioni e di massima collaborazione.
Rispetto ai precedenti anni polari, incentrati essenzialmente sulla ricerca geofisica, quello del 2007 – 2008 presenta un’interessante novità: oltre che alle scienze della terra, i ricercatori saranno impegnati in progetti che riguardano lo studio dell’ambiente umano, con un occhio particolare per quelle popolazioni che insistono sull’Artico interessate – come ormai noto – da cambiamenti climatici che si prospettano epocali.

Questo inedito settore di studio è stato prontamente recepito dal Comune di Fermo (Regione Marche) che, in collaborazione con l’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti” ed il CNR-Polarnet, ha varato il progetto “Carta dei Popoli Artici” che prevede il monitoraggio delle popolazioni che vivono nell’Artico effettuando sulle stesse studi antropologici, etnografici, storici e archeologici, così da offrire un quadro completo della presenza umana in quello che viene definito il “regno dei ghiacci”. Tale progetto è stato ufficialmente inserito fra i programmi dell’Anno Polare Internazionale, assumendo così un’importanza che, può andare a vanto dell’Italia intera.

La spedizione alle Isole Svalbard ha visto la partecipazione di nove componenti guidati da Gianluca Frinchillucci, direttore dell’Istituto Polare e del progetto “Carta dei Popoli Artici”. Oltre a Frinchillucci hanno partecipato Enrico Mazzoli di Trieste, Michele Pontrandolfo, Carlo Zerbinati e Marco Giogesi di Pordenone ed i marchigiani Massimo Zanconi, Ugo Tesei, Luca Natali e Giorgio Marinelli, quest’ultimo alla sua terza spedizione nell’ambito del progetto “Carta dei Popoli Artici”.

La spedizione aveva tre obiettivi:

effettuare una traversata a piedi, in stile classico dell’ambiente artico sulle tracce degli europei che a partire dal XVII° Secolo si spinsero in quelle regioni ghiacciate a caccia di foche e di animali da pelliccia, spesso senza fare più ritorno e, nel contempo, effettuare esperimenti di valutazione fisiologica e nutrizionale, coordinati dal prof. Pierluigi Pompei dell’Università degli Studi di Camerino.

Il terzo obiettivo della spedizione consisteva nella sensibilizzazione e la conoscenza delle Aree Polari in occasione dell’Anno Polare Internazionale e la spedizione è stata molto seguita dai mass media.



La spedizione ha scelto come destinazione le Svalbard anche per sensibilizzare l’opinione pubblica sul drammatico problema dei cambiamenti climatici che in queste isole norvegesi stanno avvenendo con una velocità doppia rispetto al resto del pianeta, rappresentando così un anticipo di quello che nel corso dei prossimi anni potrebbe accadere più a sud.

Nel mese di maggio verranno diffusi i primi dati degli esperimenti condotti e, in seguito, saranno resi noti i prossimi obiettivi del progetto “Carta dei Popoli Artici”.
L’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti” comprende anche il Museo Polare Etnografico, unica realtà italiana dedicata all’Artico.

La spedizione è stata dedicata all’esploratore polare Giuliano Mainini.

5/14/2007

Svalbard



Siamo appena tornati dalle Svalbard, presto pubblicheremo notizie sulla bella esperienza che abbiamo vissuto.
Per il momento ringrazio tutti i miei collaboratori ed in particolare Roberto Pazzi, che con tanta professionalità e affetto mi aiuta sempre e Cesare Censi, un valentissimo ricercatore dal cuore grande.


Nella foto da sinistra:

Carlo di Pordenone, sci alpinista "solido"
Ugo di San Ginesio, il più giovane del gruppo. Una colonna nei momenti di diffcoltà.
Io
Enrico Mazzoli di trieste, il più anziano. Un pozzo di scienza con due gambe robustissime. Studioso dell'Anno Internazionale Polare.
Michele di Pordenone, una delle più forti promesse tra i polaristi
Luca Natali di Macerata, scialpinista ed archeologo
Giorgio Marinelli allas ua terza spedizione polare
Marco di pordenone un forte scialpinista
Massimo Zanconi, fotoreporter titolare della CMR di Macerata

Abbiamo dedicato la spedizione al nostro alpinista polarista Giuliano Mainini che in questo momento sta scalando la sua cima più difficile.

5/13/2007

ANNO INTERNAZIONALE POLARE

Riporto un articolo che ho pubblicato per la rivista di viaggio Arte Nomade. Ho tolto le citazioni e le foto per semplificare la lettura.

ANNO INTERNAZIONALE POLARE 2007-2008
Dai grandi esploratori del passato al progetto di ricerca “Carta dei Popoli Artici”


Il nostro pianeta, granello insignificante di sabbia perduto fra milioni di mondi, la distanza fra i quali viene talvolta espressa in centinaia di anni luce, è ancora lontano dall’essere del tutto esplorato e scoperto.

Internet e la televisione ci permettono, in una frazione di secondo, di visitare virtualmente ogni angolo della terra; un’illusione ci consente di credere che tutto sia vicino e facile. Senza sacrificio e sforzo.

Con la pura ragione è possibile trovare tutte le risposte e non c’è più bisogno di sperimentare direttamente sul campo, soffrendo e rischiando la propria pelle.

"La maggior parte della gente - come osservava il reporter Kapuscinski – parte per riposarsi (…) I giovani compiono viaggi di tipo agonistico, come cimentarsi nell’attraversamento dell’Africa del nord, o navigare sul Danubio in kajak. Non si interessano alla gente incontrata per strada: il loro scopo è di mettersi alla prova”.

Una tendenza che, spesso, porta solo alla pura commercializzazione dell’impresa.

A volte ci chiediamo se esistano ancora uomini capaci di donare tutto quello che hanno per superare le porte del mondo, per poter entrare nelle terre inesplorate e ricavarne un bene per la collettività; e se ci sono ancora delle aree del pianeta dove ciò sia possibile.

Alcune di queste ultime zone sono sicuramente rappresentate dalle regioni polari: l’Artide e l’Antartide. Aree dove scienziati ed esploratori stanno cercando di comprendere i molti meccanismi che regolano il clima del nostro pianeta.

Questi uomini mettono la propria vita al servizio della collettività per capire ciò che sta succedendo in ambito climatico e quale impatto hanno gli agenti inquinanti sul nostro ecosistema. Alcuni di loro indagano sugli usi e costumi delle popolazioni indigene artiche e subartiche, studiando l’umanità più antica e cercando di salvare le ultime espressioni della loro tradizione.

L’antropologo Mario Polia ama usare una metafora per definire questo tipo di lavoro: quella del notaio che raccoglie le ultime volontà del moribondo. Infatti, com’è noto, sono culture che stanno scomparendo rapidamente.

Riguardo alle spedizioni polari, già alla fine del secolo XIX il Duca degli Abruzzi, zio del celebre Duca d’Aosta, responsabile di una grande impresa polare che raggiunse una latitudine nord mai toccata dall’uomo, scrisse:
«Spesso si è discussa l’utilità delle spedizioni polari. Se si considera solo il vantaggio morale che si ricava da tali spedizioni, io lo credo sufficiente a compensare i sacrifici che per esse si fanno. Come gli uomini, che nelle lotte quotidiane, col superare le difficoltà, si sentono più forti per affrontarne delle maggiori, così è delle Nazioni, che dai successi riportati dai propri figli si devono sentire maggiormente incoraggiate e spinte a perseverare nei loro sforzi per la propria grandezza e prosperità».

Il celebre esploratore norvegese e Premio Nobel per la Pace Fridtjof Nansen, negli anni (era la fine dell’Ottocento) in cui ferveva una vera e propria corsa ai Poli, pronunciava parole molto dure contro chi sostituiva con la vanità del raggiungimento del traguardo, l’attrazione dell’ignoto e la curiosità di nuove conoscenze:

« (…) Con le gare l’addestramento del corpo è degenerato, divenendo meno sport: e tutto quello che è soltanto sport non ha molto valore. Invece di produrre uomini sani e indipendenti, lo sport crea dei vanitosi (…) ».

Gli esploratori polari erano Uomini d’azione e di cultura che hanno spinto se stessi e i propri uomini oltre i confini della Terra. Omero nel primo canto dell’Odissea sembra proprio evocarli:
«Musa, quell’uomo di multiforme ingegno che molto errò… che città vide molte, e dell’indole conobbe, che sovr’esso il mare sofferse affanni…».

Quando l’eroico Shackleton, nell’inverno del 1909, lasciò la base di Capo Royds per affrontare le incognite paurose del Polo antartico, disse a coloro che gli erano vicini e potevano capirlo:
«Prego e spero ardentemente di vincere; ho dato a questa impresa l’anima mia».

Tutta l’anima. E’ vero. Erano uomini puri sui quali la comodità, le agiatezze o anche il lavoro di una vita comune non hanno esercitato nessuna attrattiva, per i quali le feste, i ritrovi eleganti, la carriera, non rappresentavano che piccole cose di gente mediocre, si illuminavano nello sguardo al pensiero di azioni avventurose.

Li soggiogava l’imperio della scienza, erano attratti dal fascino che esercitava nelle loro anime il mistero di terre inesplorate, la voce potente dell’ignoto.

Uomini di mare lanciati verso l’ignoto. Ultimi uomini di un mondo che stava morendo…. di un mondo reso sempre più globale e “facile”…

In Italia ne abbiamo avuti molti, tra questi il già nominato Duca degli Abruzzi, il generale Umberto Nobile, Gennaro Sora ed i suoi alpini, Guido Monzino, primo italiano a raggiungere il Polo Nord con una squadra di fortissimi alpinisti, (come il valdostano Rinaldo Carrel), Il comandante Giovanni Ajmone Cat che negli anni settanta raggiunse due volte l’Antartide con il suo motoveliero “San Giuseppe II”, prima imbarcazione italiana a raggiungere il Continente Bianco. Il capitano di lungo corso Silvio Zavatti, tra i primi italiani a raggiungere l’Antartide e precursore degli studi etnografici polari; il primo studioso italiano che si è occupato sistematicamente delle aree polari e Mario Zucchelli, pioniere delle ricerche polari al Polo Sud e direttore dei progetti di ricerca italiani in Antartide.

Una storia fatta di uomini eccezionali, che hanno lasciato un’eredità molto impegnativa: unire l’avventura e la scienza a beneficio della collettività.

Difficile farlo oggi, quando quasi tutto è legato ad un’ottica di mercato; ma ci sono ancora tanti studisi ed esploratori che stanno emulando i loro Padri, seguendoli sulla via dei ghiacci eterni e dei popoli senza voce.

Tra loro anche un gruppo di studiosi italiani che hanno dato il via, nel 2002, al progetto di ricerca “Carta dei Popoli Artici”, ideato e coordinato da chi scrive. Un programma di lavoro nato per dar voce alle etnie artiche e subartiche e per organizzare nuove spedizioni di ricerca.

Difficile descrivere quello che si prova durante una spedizione polare. Forse vale la pena di affidarsi di nuovo alla penna di Nansen:
« (…) Non vi è nulla di più bello della notte polare. Un’immagine fantastica dalle tenui tinte, senza contorni netti: è un armonia di colori crepuscolari, da sogno; una musica lontana e indefinita di violini in sordina. Ma la vita non è sempre bellezza sublime, delicata e pura come questa notte? (…) ».