8/19/2010

Viaggio in Egitto



Viaggio in Egitto
di Gianluca Frinchillucci

Cairo,  Cairo, 17 novembre 2009
Sono stato in Egitto quattro volte e ogni volta lo apprezzo sempre di più. Sono rimasto stupito alla vista della biblioteca del monastero di Santa Caterina, ho asceso il sacro monte de Sinai dove secondo la tradizione Mosè ha ricevuto le tavole della legge da Dio, bevuto il the con i beduini, immerso nelle splendide acque del Mar Rosso, entrato nelle tombe della Valle dei re e camminato tra le colonne del tempio di Karnak a Luxur… avevo però voglia di conoscere il Cairo, entrare nelle piramidi e osservare il tesoro di Tutankhamen nel Museo egizio e visitare il sacrario italiano di El Alamein.
Nel mio piccolo paese è nato un missionario comboniano che ora vive al Cairo, Padre Giuseppe Cruciani. Ci conosciamo da sempre in quanto era amico di mio padre. Lui mi invita a raggiungerlo al Cairo per conoscere la sua realtà missionaria.
Quando arriviamo al Cairo è ormai sera e attraversiamo una città caotica. Raggiungiamo la sede dei comboniani, padre Giuseppe Cruciani ha settantatré anni, è nato a Sant’Angelo in Pontano, il mio paese, ed era amico di mio padre. Ha passato la maggior parte della sua vita in Sudan è laureato in biologia e dal 1991 sta al Cairo. La sua casa è appena dieci minuti a piedi dal Museo del Cairo.
Tra i tanti ricordi curiosi che ho di lui da bambino, c’è ne è uno legato alla sua grande passione per l’elettronica: usava una radio Sony a onde larghe che prende le stazioni di tutto il mondo. Ne ero affascinato. Tra i tanti ricordi dei nostri incontri evocati appena visti, c’è stato anche questo e padre Giuseppe ha preso una vecchia scatola e me l’ha data: conteneva la radio che avevo sognato in gioventù. “Ormai è superata, usiamo il cellulare per tutto”, mi ha detto. Per me rimane uno degli oggetti magici della mia adolescenza: essere collegati con tutto il mondo.
Padre Giuseppe assiste una comunità di profughi sudanesi sfuggiti ai massacri nella loro terra. Stiamo un po’ con loro e coinvolgiamo  i bambini della scuola comboniana nel nostro scambio di disegni “Amici dal mondo”. Visitiamo anche le suore di Madre Teresa che assistono orfani e anziani in uno dei quartieri più poveri del Cairo.
Con Padre Giuseppe visitiamo anche la zona vecchia del Cairo, tra cui il pozzo di Mosè accanto alla sinagoga e la chiesa che sorge nel luogo dove secondo la tradizione ha vissuto Maria e Giuseppe con il piccolo Gesù.
Organizziamo una visita al sacrario militare di El Alamein dove riposano riposano i paracadutisti della Folgore, i carristi della Littorio e dell’Ariete, i fanti della Pavia e i ragazzi libici inquadrati nelle file dell’esercito italiano. Quest’ultimi sepolti vicino ad una bella moschea. La battaglia di El Alamein è stata da molti paragonata a quella delle Termopili del 19 agosto del 480 a.C.
Rendiamo omaggio alle tombe dei caduti e Laura lascia un messaggio molto commovente sul registro dei visitatori.
Ripartiamo e lungo la strada troviamo una lapide: “Mancò la fortuna no il valore”. Le truppe italiane arrivarono a 111 km da Alessandria. Noi raggiungiamo la celebre città per visitare l’area del porto dove sorgeva il faro.
Arriviamo al Cairo molto tardi e ci addormentiamo parlando di Tutankhamen. Il giorno successivo partiamo per le piramidi con una guida trovata da padre Giuseppe. Si chiama Pietro, italianizzando il suo nome. Ha lavorato nel commercio con un signore di Bari e conosce qualche parola d’italiano. È molto simpatico e ci racconta in inglese un paio di barzellette sui carabinieri.
Con lui partiamo alla scoperta del Cairo faraonico.
La prima tappa è a Saqqara, la necropoli della città di Menfi. Il sito è vastissimo e decidiamo di concentrare la visita solo su pochi elementi. La prima tappa è la visita esterna della grande piramide a gradoni di Zoser. È stata costruita nel 2800 a.C. e raggiunge i 62 metri di altezza.
L’architetto Imhotep che l’ha costruita, ebbe la rivoluzionaria intuizione di rompere con la tradizione, infatti, fino a quel momento le tombe erano sotterranee costruite con mattoni di fango. La sua straordinaria capacità di lavorare la pietra gli permise di creare la più grande struttura in materiale lapideo.
Poco più avanti, in direzione nord-est, c’è la piramide di Teti, il primo Re della VI Dinastia e la visitiamo, con una simpaticissima e improbabile anziana guida egiziana. Ci invita a fotografare l’interno e ovviamente ci chiede una piccola mancia all’uscita. Ci sono pochissimi turisti a visitare il sito e l’atmosfera è molto emozionante.
Dopo uno stretto corridoio sulla sinistra c’è la camera sepolcrale, saccheggiata nel passato, con il sarcofago di basalto. Nel soffitto sono raffigurate le stelle e le pareti sono coperte di geroglifici.
Scatto alcune fotografie stupende dell’interno che stridono un po’ con la vista esterna della piramide depredata nell’antichità. La piramide si Teti è stata scoperta dall’archeologo francese Mariette nel 1850 e in origine era a gradoni colmati e rivestiti di calcare.
Ripartiamo dopo la visita per raggiungere le tre piramidi più famose: quelle di Giza.
In Egitto, alla sinistra del corso del Nilo ci sono circa settanta piramidi che ci accompagnano da 4500 anni. Le più famose sono le tre dei faraoni Cheope, Chefren e Micerino, risalenti alla IV dinastia (2700-2500 ca. a.C.), l’unica delle sette meraviglie del mondo antico giunta fino ai giorni nostri.
Nei loro pressi sorgono la Sfinge, alcune piramidi minori e diverse tombe di funzionari. Lo spettacolo è imponente. Camminiamo da una piccola altura e raggiungiamo le piramidi attraversando un breve tratto di deserto. Entriamo nella piramide più grande, quella di Cheope.
Non mi lascio andare ad espressioni del tipo “non è terrestre”, ma sento dentro di me una forte carica spirituale. La grande camera sepolcrale all’interno della piramide è un opera di ingegneria perfetta.
Al suo interno un gruppo di giovani occidentali sta praticando la meditazione.
Probabilmente il Faraone non ha mai riposato nella camera e allora a cosa è servita? Come è stato possibile creare un’opera così perfetta? Quali conoscenze avevano? Come hanno spostato i massi. Milioni di massi dal peso di alcune tonnellate ciascuno.
In Italia, poco prima della partenza sono entrato in contatto il geometra civitanovese, Elio Diomedi, l’uomo che ha elaborato una teoria rivoluzionaria che potrebbe spiegare come sono state costruite le piramidi, e la sua non è un’illuminazione extraterrestre, ma solo buon senso e tanta genialità. Lui ha pensato ad una particolare slitta in legno e a un sistema di trasporto basato su piccoli assi in legno. Con il suo sistema pochi uomini possono spostare pesi enormi.
Diomedi ha ipotizzato l’uso di rotaie in legno accuratamente ingrassate con grasso animale dove sopra scivola una slitta con il masso da trainare.
Elio mi mette in contatto con M. S., un archeologo egiziano che lavora al Museo egizio e collabora con Zahi Awass, il più famoso archeologo egiziano, il nuovo Indiana Jones.
Il prof. Awass e il dott. S. sono venuti spesso nelle Marche per incontrare Elio Diomedi. Di lui il prof. Awass ha affermato: Personalmente non so se gli Egiziani hanno usato davvero la tecnica proposta da Elio ma sicuramente è la più logica. Se credo nella reincarnazione, devo credere che Diomedi fu l’architetto che progettò la Piramide”. Non mi rendo molto conto della scoperta di Diomedi, ne parlo a lungo con il dott. Sadek al Museo del Cairo. È molto giovane ed elegante. Ci dice subito che poiché conosciamo Elio Diomedi siamo amici suoi. Ha una stima infinita per il geometra marchigiano, dice subito che nessuno ha mai raggiunto al mondo i suoi risultati. Parla perfettamente l’italiano ed è un vero fiume in piena.
     Su indicazione di M. visito la stanza n. 79, dove c’è appeso alla parete un’anonima slitta in legno, numero di catalogo 5460. Il sogno degli archeologi egiziani e sperimentare l’uso della slitta secondo la teoria di Elio Diomedi.
La visita la museo egizio mi produce la sindrome di Stendhal. Ho gli occhi lucidi e i sensi confusi. M. S. mi aspetta seduto fuori l’entrata del Museo. Lo cercano moltissimi dipendenti, lui risolve tutte le incombenze e ci racconta del suo Egitto.
“I due terzi del materiale archeologico egiziano è ancora da scoprire”, dice Sadek, e continua: “ il prof. Awass sta collaborando ad una legge che propone il carcere a vita per i saccheggiatori di tombe. Intorno alle piramidi di Giza ci sono ancora tantissime cose da trovare ma il prof. Awass ha il sogno di scoprire la vera camera sepolcrale della grande piramide, probabilmente ancora intatta nascosta da muri molto spessi. Con un piccolo robot è entrato in un cunicolo e ha trovato una porta sigillata, ora deve capire come entrare senza far crollare tutto.”
Parliamo di e della Valle dei Re: “mancano alcune tombe di faraoni all’appello. Il professore è convinto che ne troverà una, prima o poi, saccheggiata o intatta, comunque ancora non scoperta”.
Gli racconto della mia recente visita con la famiglia alla Valla dei Re e della passione di mio figlio per le antichità egizie e per la tomba di Tutankhamen. Mio figlio qualche giorno fa è rimasto incantato da un documentario su il prof. Awass e la tomba del faraone bambino, letteralmente affascinato. È incuriosito dalla cosa.
Racconterò al prof. Awass di tuo figlio e cercherò di farti ricevere quando tornerai. Così tuo figlio avrà una tua foto con lui.
Esco dal museo e con i miei amici andiamo verso la missione. Nessuno parla, siamo tutti assorti e ripensiamo al bellissimo incontro che abbiamo fatto e agli oggetti visti.  Ripenso alla frase che capeggia sul sito ufficiale del prof. Awass: “for me, archaeology, is not a just a job. It combines everything that I could want- imagination, intellect, action and adventure”.
Ripenso ai siti archeologici che ho visitato in tutto il mondo; agli scavi che ho partecipato e alla nostra recente spedizione tra le Ande del Perù alla ricerca della città perduta di Chicuate e non posso non far mia la frase del professore. In particolare non posso non fare un paragone con la straordinaria scoperta della tomba di Sipan, nel 1987 in Perù. In quell’anno l’archeologo peruviano Walter Alva scoprì una tomba intatta di un re Moche, la più grande scoperta dell’archeologia precolombiana. Ho parlato a lungo con Alva e ho passato tanto tempo ad osservare i reperti di Sipan e l tomba. Notavo nelle parole di Susanna Alva, la bravissima archeologa moglie di Walter, la stessa passione e la stessa fede che hanno gli archeologi del museo egizio. Mi torna in mente una frase del film di  Indiana Jones: “L’archeologia è la nostra religione”.
È vero, nella nostra ricerca c’è azione, intelletto, avventura, ma anche una fortissima carica spirituale che ci porta a credere a quello che facciamo come in una fede religiosa, ignorando un mondo di puro scientismo che non vuol più sentir parlare di romanticismo e di sogni, ma solo di realismo e freddezza.
Così continua la mia ricerca dietro i miti del passato, consapevole che non arriverò mai alla fine ma che il mio cammino mi porterà di nuovo anche nel cuore dell’Egitto, e chissà magari un giorno ad imitare i grandi archeologi del passato nelle loro scoperte.

8/09/2010

9 Agosto 2010: la Perigeo International e la Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni del Mondo

 Ph: giovane surma dell’Etiopia meridionale (Omo Valley), ph: G.Frinchillucci

Grande successo per l’organizzazione internazionale Perigeo Onlus unica associazione italiana le cui iniziative sono state segnale dalle Nazioni Unite in occasione della Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni del Mondo indetta proprio dall’ONU per il 9 agosto.

Sono svariati i progetti portati avanti dalla Perigeo a fianco di questi popoli: Perù, Groenlandia, Etiopia e Nepal sono i principali scenari all'interno dei quali opera sia nel settore della divulgazione scientifica che in quello dei rapporti culturali e, da poco, anche con azioni mirate di aiuto umanitario.

Le iniziative sono state ideate dal direttore Gianluca Frinchillucci, membro della società antropologica italiana, che dal 1991 si occupa di popoli indigeni con studi tematici in particolare sugli Ashaninkas della Selva Central e sugli Inuit della Groenlandia orientale e da Laura Bacalini, responsabile dei progetti dell’associazione, che da anni segue il direttore nelle campagne di ricerca sul campo e nelle relazioni internazionali.

I rapporti con gli uffici delle Nazioni Unite sono stati curati da Marija Herceg, delegata dalla Perigeo per i rapporti con l’Etiopia e responsabile della sede croata dell’associazione.

In particolare la Perigeo co-organizzatrice insieme ad Arte Nomade di Montelago Celtic Festival, ha curato nel corso della manifestazione i dibattiti sul tema delle identità culturali e dei rapporti con i popoli indigeni, untiamente alla realizzazione di pannelli espositivi e la proiezione di un video dedicato ai Nency della penisola di Yamal, ottenendo tra l’altro, più di 1000 nuovi contatti soltanto nelle due giornate del festival.



Tra le iniziative in corso della Perigeo a fianco dei popoli indigeni segnaliamo:

- Musei senza frontiere, il progetto dell’associazione che crea e utilizza musei etnografici come strumenti per la promozione della pace e del dialogo interculturale. Musei intesi come ponti tra culture e mezzi di salvaguardia delle identità;

- Scambio disegni tra popoli indigeni, nato con gli Inuit di Ammassalik (anno polare internazionale) e ora esteso ai Nency della Penisola di Yamal e ai popoli indigeni dell’Etiopia: Surma, Hamer e Ongota.

- I geni raccontano la storia dei popoli, progetto di ricerca genetica portato avanti in collaborazione con l’università di Bologna (Dipartimento di Biologia Evoluzionistica) con campionamenti di DNA nella Valle dell’Omo in Etiopia e tra gli Inuit della Groenlandia orientale.

- Mission Ashaninkas: campagna d’aiuto al villaggio indios San Antonio di Cheni nella Selva Central Peruviana.


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Dott.ssa Laura Bacalini
Responsabile dei progetti della Perigeo onlus

www.perigeo.org

info@perigeo.org

cell. 00.39 3348434719

Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni del Mondo

 9 AGOSTO 2010
Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni del Mondo
International Day of the World’s Indigenous People



    La Perigeo International, nella convinzione che la diversità culturale, in quanto strumento di diffusione e mantenimento della pace, sia patrimonio dell’intera umanità, è impegnata da anni nella tutela e nella valorizzazione delle identità e delle espressioni culturali dei popoli indigeni.
   Tale convinzione trova espressione pratica nel progetto ’’Musei senza frontiere’’ che prevede la creazione di musei etnografici in varie parti del mondo intesi come luoghi di conservazione della cultura materiale dei popoli ma anche strumenti di incontro, studio e approfondimento della cultura immateriale e dei sistemi di conoscenza dei popoli indigeni a cui l’associazione pone un attenzione particolare.

   Il progetto ’’Amici dal mondo - conoscere gli altri disegnando casa’’, portato avanti grazie anche alle basi operative costituite dai musei, consiste nello scambio disegni fatti dai bambini dei popoli indigeni con cui collaboriamo.
Tali disegni portati nelle scuole e nei nostri musei, sono stati mostrati ai bambini e, partendo dai disegni delle case, dei paesaggi e degli oggetti della cultura materiale ,sono statie mostrate ai bambini le differenze culturali e ambientali degli altri bambini.


I Popoli Indigeni con cui la Perigeo collabora sono: i Suri, gli Hamer, gli Ongota e i Kunama dell’Etiopia; gli Inuit della Groenlandia orientale; i Nency della Penisola di Jamal (Siberia occidentale) e i Tamang del Nepal.

La Perigeo è diretta da  Gianluca Frinchillucci

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