6/15/2007

Riflessioni Polari


Sta uscendo il prossimo numero della rivista internazionale di Studi Polari "Il Polo".
Ho pensato di pubblicare sul mio blog l'editoriale che ho scritto per presentare il numero della rivista.



L’ISTITUTO GEOGRAFICO POLARE E
L’ANNO INTERNAZIONALE POLARE 2007-2008



GIANLUCA FRINCHILLUCCI
Direttore dell’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”




All’inizio dell’Anno Internazionale Polare sono d’obbligo alcune riflessioni, e non solo quelle di natura scientifica e ambientale.


Siamo tutti coscienti dell’importanza delle ricerche polari e degli studi sui global change o delle drammatiche problematiche legate alla vita delle popolazioni indigene.


Oggi, più che mai, i mass media quotidianamente trattano queste drammatiche vicende e scienziati di tutto il mondo si stanno prodigando per conoscere meglio le aree polari.

Ma in questa rivista, icona della passione per le esplorazioni e il sacrificio, ricordiamo quelli uomini che sono stati capaci di sacrificare tutto quello che avevano per superare le porte del mondo, per poter entrare nelle terre inesplorate.

Uomini d’azione e di cultura che hanno spinto se stessi e i propri uomini oltre i confini della Terra.

Quando l’eroico capitano Shackleton, nell’inverno del 1909, lasciò la base di Capo Royds per affrontare le incognite paurose del Polo antartico, disse a coloro che gli erano vicini e potevano capirlo:
«Prego e spero ardentemente di vincere; ho dato a questa impresa l’anima mia».

Tutta l’anima. E’ vero. Gli uomini puri sui quali la comodità, le agiatezze o anche il lavoro di una vita comune non hanno esercitato nessuna attrattiva, per i quali le feste, i ritrovi eleganti, la carriera, non rappresentavano che piccole cose di gente mediocre, si illuminavano nello sguardo al pensiero di azioni avventurose.

Li soggiogava l’imperio della scienza, erano attratti dal fascino che esercitava nelle loro anime il mistero di terre inesplorate, la voce potente del mistero.

Uomini di mare lanciati verso l’ignoto. Ultimi uomini di un mondo che stava morendo…. di un mondo reso sempre più globale e “facile”…

In Italia ne abbiamo avuti molti, tra questi SAR Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, il generale Umberto Nobile, il capitano Gennaro Sora ed i suoi alpini, l’esploratore Guido Monzino, primo italiano a raggiungere il Polo Nord con una squadra di fortissimi alpinisti (come il valdostano Rinaldo Carrel); Il comandante Giovanni Ajmone Cat, che negli anni settanta raggiunse due volte l’Antartide con il suo motoveliero “San Giuseppe II”, prima imbarcazione italiana a raggiungere il Continente Bianco; il capitano di lungocorso Silvio Zavatti, tra i primi italiani a raggiungere l’Antartide, precursore degli studi etnografici polari e Mario Zucchelli, scienziato e pioniere delle ricerche polari italiane in Antartide.


Una storia fatta d’uomini eccezionali, che hanno lasciato un’eredità molto impegnativa: unire l’avventura e la scienza a beneficio della collettività.

Già alla fine del secolo scorso il Duca degli Abruzzi a proposito delle esplorazioni polari scrisse:

« (…) Spesso si è discussa l’utilità delle spedizioni polari. Se si considera solo il vantaggio morale che si ricava da tali spedizioni, io lo credo sufficiente a compensare i sacrifici che per esse si fanno. Come gli uomini, che nelle lotte quotidiane, col superare le difficoltà, si sentono più forti per affrontarne delle maggiori, così è delle Nazioni, che dai successi riportati dai propri figli si devono sentire maggiormente incoraggiate e spinte a perseverare nei loro sforzi per la propria grandezza e prosperità (…) ».

Il nostro Istituto rappresenta il luogo privilegiato italiano per la conservazione della memoria storica delle imprese polari artiche ed antartiche.


Fin dall’inizio della sua storia, nel 1945, lo studioso Silvio Zavatti si è prodigato per tramandare l’amore per le esplorazioni polari alle nuove generazioni. “Figlio intellettuale” di Guido Cora, direttore della rivista di studi geografici “COSMOS”, sulla sua pelle ha sperimentato le tormente dell’Artico ed i difficili ritorni a casa. Le inevitabili incomprensioni, le delusioni, l’amarezza di vivere una vita con passione e animo seguendo i grandi del passato pensando al futuro e la delusione di veder crescere le nuove generazioni animate solo dal facile guadagno o dalla sola ricerca dei record sportivi. Amarezza condivisa da quanti credono nell’esplorazione e nella ricerca.


Già a proposito dei record sportivi Nansen denunciava:

« (…) Con le gare l’addestramento del corpo è degenerato, divenendo meno sport: e tutto quello che è soltanto sport non ha molto valore. Invece di produrre uomini sani e indipendenti, lo sport crea dei vanitosi (…) ».

Ma ci sono ancora tanti studiosi ed esploratori che stanno emulando i loro Padri, seguendoli sulla via dei ghiacci eterni e dei popoli senza voce.


E a loro va il mio più grande augurio di buon lavoro in questo biennio estremamente importante per le aree polari, con la certezza che l’Anno Internazionale Polare rappresenti una tappa essenziale per tutti noi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie