Nella nostra spedizione SAXUM è prevista una sezione di glaciospeleologia guidata da Ottorino Tosti. Domani a Bologna ci sarà una riunione dedicata alla spedizione e sarò in grado nei prossimi giorni di inserire altre notizie. Molti del nostro gruppo nascono come speleo e per noi è un sogno scendere negli abissi di ghiaccio groenlandesi. In gioventù abbiamo amato lo speleologo Norbert Castaret e fatto proprio il suo motto: "nox illuminatione mea".
In questa pagina riportiamo alcune frasi del dossier preparato dallo speleologo Tosti.
"IL PROGETTO GROENLANDIA è un programma di ricerca, esplorazione e documentazione delle cavità endoglaciali nella Groenlandia orientale.
Il Progetto nasce con lo scopo di promuovere, da parte italiana, un programma di ricerca ed esplorazione delle cavità nei ghiacciai groenlandesi, e si propone di mettere a disposizione il materiale acquisito durante le missioni (fotografie, filmati, oggetti di artigianato, leggende, musica locale, ecc.) quale supporto all’azione di quanti, singoli ed associazioni, si trovano impegnati in prima linea nel sostegno e nella tutela delle popolazioni native e dell’ambiente artico.
Le grotte nei ghiacciai sono ambienti di grande impatto visivo, in cui le luci e i suoni raggiungono sfumature e toni sconosciuti all’occhio e all’orecchio umano. Ciò permette di accedere ad un mondo completamente estraneo alla normale vita quotidiana, paragonabile solo ad una dimensione ‘non terrestre’, tanto quanto altrettanto ‘non terrestre’ è la dimensione marina profonda.Riteniamo che questi ambienti siano ottimi veicoli per stimolare l’opinione pubblica ad interessarsi verso questa porzione dimenticata di umanità.
GROTTE NEI GHIACCIAI?
Ovunque si trovano ghiacciai, si trovano mulini glaciali: in Patagonia, in Groenlandia, in Islanda, in Karakorum e in quasi tutti i ghiacciai temperati con ampie porzioni a pendenza non superiore al 5% e scarsamente fratturati. Tutte condizioni che, durante le ore calde della stagione estiva, attivandosi la fusione dello strato più superficiale del ghiaccio permettono la creazione di un complesso reticolo idrografico.
I torrenti così formati corrono per centinaia di metri sulla superficie ghiacciata, scavando canali tortuosi, detti bedières, profondi, verso la fine di stagioni particolarmente calde, anche alcuni metri, fino a scomparire poi improvvisamente dalla superficie precipitando con fragorose cascate in pozzi dalle pareti perfettamente lisce e verticali.
Sono i cosiddetti 'mulini glaciali', termine coniato verso la fine del 1700 dalle guide di Chamonix per associazione di questo fenomeno naturale con i torrenti che a valle, convogliati nelle case contadine ad azionare i mulini (i cosiddetti mulini a ritrecine), muovevano una rudimentale pala ad asse verticale direttamente collegata alla macina.
E’ morfologia comune a quasi tutte queste cavità aprirsi con un pozzo di 50/60 metri, e possedere una caratteristica forma stellare quando vi confluiscono radialmente più corsi d'acqua.
E’ anche abbastanza frequente che sul fondo di questo primo pozzo le acque si perdano in fessure impraticabili o completamente allagate.
A volte, invece, l’esploratore ha accesso ad una forra, di dimensioni spesso anche considerevoli, lungo la quale procede alternando altri pozzi a tratti orizzontali fino a che, generalmente verso i 100/150 metri di profondità, è costretto ad arrestarsi davanti a un lago-sifone, termine dell’esplorazione umana.
Sono sporadici, e comunque rivolti a particolari studi, i tentativi di affrontare questo ostacolo con tecniche subacquee.
Da qui in poi si dirama un reticolo di drenaggio sommerso che si sviluppa nel cuore del ghiacciaio, senza mai raggiungere il fondo roccioso se non nel caso di ghiacciai di modesto spessore.
Tutte le acque inghiottite, riunite in un unico torrente subglaciale, ricompariranno più a valle, alla fronte del ghiacciaio nel diretto contatto fra ghiaccio e roccia.
Nell’arco alpino i mulini più profondi si trovano in Svizzera, dove nel ghiacciaio del Gorner è stata raggiunta la profondità di –140 m. e di Aletsch, dove la profondità media si aggira sui –70/-80.
In Francia, ne la Mère de Glace si trova “Le Grand Moulin” che raggiunge la notevole profondità di –100 m.
In Italia i maggiori mulini si trovano nei ghiacciai del Miage e dei Forni. La glaciospeleologia, ossia la ricerca, l’esplorazione e il rilevamento dei mulini glaciali, connessi con lo studio della circolazione idrica subglaciale, è condotta in tutto il mondo quasi esclusivamente da speleologi, ed è materia di lavoro abbastanza recente, anche se quanto avviene nella massa glaciale per effetto del ruscellamento di superficie è stato affrontato dai glaciologi L. Agassiz e J. Forbes già alla fine della prima metà dell'800: con tecniche rudimentali e pericolosissime Agassiz scese il primo mulino nel 1850, e Joseph Vallot nel 1897 scese Le Grand Mulin fino alla profondità di –60.
Ma, non esistendo a quel tempo né le tecniche né i materiali per penetrare sistematicamente all'interno dei mulini, e per aver ben presto vista vanificata la speranza di riuscire a raggiungere tramite la loro discesa il letto roccioso su cui scorre il ghiacciaio, scopo primario delle ricerche, l’interesse per questo fenomeno andò poco a poco scemando, fino a che, intorno ai primi decenni del ‘900, scomparve definitivamente.
Dopo un periodo di oblio durato una cinquantina d’anni, verso la prima metà del 1980 lo studio dei mulini glaciali è stato riaffrontato, essendo stati forniti dalla Speleologia moderna materiali e tecniche adatte ad affrontare dall'interno lo studio dei flussi d'acqua profondi. (...)"